Pensare altrimenti – Diego Fusaro

Ti piace? Condividilo!
IL GIUDIZIO:

pensare altrimenti saggio di diego fusaro edito da einaudi

Oscillando tra lo spazio minimo della vergogna soggettiva […]premio mezza strega 2020 premio per i libri più brutti de il pesciolino d'argento il blog dei libri delle recensioni della cultura

Pensare, altrimenti…

Pensare altrimenti, dell’inimitabile (perché credo nessuno voglia farlo) Diego Fusaro. Se il saggio trash di Leonardo Caffo mi aveva messa a dura prova, questa… cosa scritta da Fusaro mi ha torturata. Non è facile per me, ma proverò comunque a raccontarvi ciò che ho subito.

Fusaro è, come Caffo, un filosofo di professione che sente stretta la società contemporanea, trovandosi perfettamente a suo agio solo nell’ambiente rivoluzionario e anticonformista delle università italiane (private e non). Volendo coniugare il suo spirito e le sue capacità filosofiche, ha pensato bene di scrivere un saggio sul dissenso. Appunto, analizzandolo come un filosofo e raccontandolo come un dissenziente, direte voi. No, no, siete degli ingenui: l’analisi è simile a quella che potrebbe fare un mucchio di terriccio e il racconto è mille volte (moltiplicate per zero) più affascinante di un elenco telefonico.

Riempire i vuoti

Comincio dicendovi che il nostro filosofo ha escogitato un piano per riempire cento e passa pagine: si procura le opere di qualsiasi autore gli capiti a tiro, da altri filosofi a romanzieri ormai scomparsi, e distribuisce lungo tutto il libro citazioni su citazioni:

Un Bartleby del Novecento può, per certi versi, essere considerato il secondo personaggio del dissenso che avevamo precedentemente evocato, il protagonista di Sostiene Pereira (1994) di Antonio Tabucchi. L’opera si struttura nella forma di quella che, variando la sintassi di Hegel, potremmo qualificare come una «fenomenologia dello spirito dissenziente».

Sì, in effetti più che un saggio è un enorme collage, in cui possiamo trovare pezzi di Gramsci, di Canetti, di Moravia, di Debord, di Melville… Fusaro è anche capace di citare Lenin e don Milani, Nietzsche e Platone, Prometeo e Gesù: nel suo magico mondo, personaggi che si scannerebbero a vista si tengono per mano in un cerchio e, cantando tutti insieme, approvano il filosofo nel centro. Cioè lui stesso.

Considerate poi, lettori, che il collage fusariano è in sé un’opera sorprendente, strutturata su un livello palese, con i brani adeguatamente citati, e su un livello segreto, per iniziati.
Fusaro, infatti, non soltanto cita autori noti, ma ha anche la sgradevole tendenza ad appropriarsi di espressioni famose di filosofi altrettanto famosi, alterandole sapientemente:

La storia dell’umanità è storia di dissensi.

[Il rivoluzionario] da perdere non ha che le proprie catene: da guadagnare ha un mondo.

Astuzia della ragione capitalistica […]

Sono solo alcuni esempi, in cui riconosciamo Marx nei primi due (Manifesto del Partito Comunista) e di nuovo Hegel (Lezioni sulla filosofia della storia). Da un certo punto di vista è meglio che si limiti a scimmiottare i grandi, perché quando prova a coniare lui stesso delle espressioni con cui passare alla storia, be’, è probabile che passi alla storia per il motivo sbagliato, considerando che “armata Brancaleone dei laicisti” (come lui chiama gli “avversari” che si professano atei) è quanto di meglio abbia saputo fare. E anche in questo caso, metà delle parole non sono sue.

Ridicolo come Mussolini

Ma gli appunti sullo stile non sono finiti. Fusaro, oltre alle parole altrui, usa liberamente anche i termini propri delle scienze esatte: nel saggio troviamo quindi “geometrie variabili di dissenso e tolleranza”, possiamo andare “al di là di ogni possibile isomorfismo” e capiamo che i testi di algebra andrebbero aggiornati per includere il “teorema di La Boétie”. Se c’è un significato in tutto questo? Tranquilli lettori, non c’è, come non c’è quando, nell’introdurre una citazione, usa le espressioni “con la sintassi di” o “con la grammatica di”: sono solo variazioni (folli) del corretto “con le parole di”.

Ed è curioso che il nostro scriva così, perché a quanto pare è un acceso difensore dell’italiano dagli attacchi della lingua inglese. Intendiamoci, l’italiano è meraviglioso e andrebbe certamente difeso e anche un po’ riscoperto. Ma se la difesa è affidata a Fusaro stiamo freschi! A parte i nonsensi che ho menzionato e i neologismi dal vago suono “tecnico”, il nostro filosofo si esprime in un modo che non potrei definire né aulico né antiquato, ma soltanto comico, a giudicare da frasi come queste:

Sanzionano il dissenso mediante inedite forme di ostracizzazione demonizzante […]

In ciò si manifesta la compiuta realizzazione dell’esistenza «inautentica» criticata da Heidegger […] Nel mondo della deiezione propria della società di massa, l’individuo si illude di essere libero […]

In questa deiezione di libro, infatti, i termini desueti sono usati senza alcun criterio, col risultato che si ottiene non un effetto emozionante, bensì ridicolo: più che sembrare raffinato come Alex di Arancia meccanica, Fusaro sembra… be’ sembra parodistico come Mussolini, con ciò che ne segue.

Oltretutto il nostro amante dell’italiano ci molesta con decine e decine di inutili parole in tedesco, in latino, in greco… e anche in inglese. Perché? Perché lui sì è un difensore della lingua italiana, ma è anche un filosofo postmoderno, e un filosofo postmoderno sa che ci sono delle parole di superlingue, le quali se menzionate dimostrano automaticamente che:

πολλὰ ποιῶν ἐκ τοῦ ἑνός

E con questo ho detto tutto (Ausgang!).

Tutti contenti, tranne il lettore

Lasciamo la forma e passiamo al contenuto: e qui forse dovrei finire la recensione, perché il contenuto non esiste. In effetti è difficile capire quale sia la tesi del saggio e non credo che la difficoltà sia dovuta solo allo stordimento causato dal “Mit-Sein”, dalle “grammatiche orwelliane” e dalla “normatività eteronoma di metafisiche veritative”. Posso azzardare che il nostro voglia dirci che il capitalismo è cattivo e che dissentire è una cosa buona, ma è soltanto una congettura. Infatti, sempre come Caffo, Fusaro si contraddice, fa ampi giri di parole per tornare al punto di partenza, dà definizioni arbitrarie e confuse, invece di spiegare un concetto preferisce ripeterlo. Poiché la filosofia è, o dovrebbe essere, rigorosa e dunque difficile, Fusaro ha deciso di seguire il consiglio di Goebbels e per non affaticarsi preferisce appunto ripetere mille volte una cretinata, con la speranza che diventi una perla di saggezza.

Così, in Pensare altrimenti ci viene detto che Destra e Sinistra sono due facce della stessa medaglia sia nell’ottavo capitolo, sia nel diciassettesimo, con una mancanza di regolarità che urta; e il povero lettore può cercare finché vuole il motivo della suddetta affermazione, non lo troverà mai, perché anche i capitoli fra i due che ho citato sono ripetizioni di altri capitoli (in cui non è spiegato nulla). Le poche parti originali di Fusaro che non siano un autocollage sono o frasi tumorali o motti di una banalità spaventosa:

la dissidenza è il dissenso che si fa stile di vita […] inverandosi nella prassi che porta l’oggetto criticato a corrispondere con le sue potenzialità inespresse […]

pur in mezzo a centinaia di persone, [l’individuo] resta permanentemente solo e isolato […]

Altro tratto distintivo del nostro dissidente è la reticenza. Marx, cui Fusaro dice di ispirarsi, non ebbe paura di far nomi, da quelli dei politici a quelli dei filosofi ostili, denunciando coloro che, secondo lui, erano sfruttatori e disonesti. Fusaro invece parla genericamente di “re della finanza”, di “signori del globalismo” e di “banchieri apolidi”. E delle tesi avverse ai temi che ha cari dice sia bene, sia male. Ad esempio, scrive:

Lotte di per sé giuste come quella per le unioni civili omosessuali […]

e, poco dopo:

L’emancipazione intesa in forma non illusoria dovrebbe consistere non già nell’astratto riconoscimento giuridico della relazione sentimentale e del progetto di vita di due individui (omosessuali o eterosessuali che siano) […]

Dunque le lotte per le unioni civili sono giuste o illusorie? Pro o contro, Pensare altrimenti vuole soddisfarvi tutti!

Ma Fusaro non parla solo di moralità, si addentra anche nell’economia, menzionando, tra l’altro, la crisi del 2007. No non ci sarà nessuna discussione scientifica sui mutui subprime. In effetti Fusaro pare abbia molte difficoltà con l’economia, tant’è che riesce a parlarne solo ipostatizzandola, trattando cioè il capitalismo e il capitale come se fossero dei mostri, dei predatori dotati di corpo e volontà propria.
Non posso dire con certezza che Fusaro abbia cercato consciamente i vantaggi del suo filosofare, i quali però mi sembrano evidenti: tale modo di filosofare infatti non offende nessuno, perché non si sa mai, e soprattutto “dispensa dalla fatica del concetto”, non obbligando a studiare seriamente.

… ci toccano i libri di Fusaro

Non mi basterebbero dieci recensioni per evidenziare tutte le assurdità e le brutture di Pensare altrimenti. Voglio però ancora mettervi a parte di due mie perplessità. La prima riguarda certe critiche mosse proprio a questo libro di Fusaro, critiche centrate sulle posizioni politiche e su certe tesi dell’autore. Ora, come si possono criticare delle tesi già di per sé difficili da individuare e tralasciare tutte le argomentazioni, indegne non dico di un filosofo, ma di un essere umano sano?
La seconda perplessità è molto semplice: come può una casa editrice rispettabile, e che tra l’altro ha pubblicato alcune delle suddette voci critiche, dare alle stampe un libro come Pensare altrimenti? Per me è una domanda che non vuole risposta.

Ma se pensate che tale risposta sia fra le pagine del libro, leggetelo.
Io non mi assumo responsabilità su eventuali danni alla vostra intelligenza e vi auguro buona lettura!

Sara

Ciao! Sono la fondatrice del blog letterario "Il pesciolino d'argento", amo profondamente i libri, l'arte e la cultura in generale.

Potrebbero interessarti anche...

Che cosa ne pensi?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *