Stai zitta – Michela Murgia

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IL GIUDIZIO:

stai zitta saggio sul femminismo di michela murgia edito da einaudi

Due femmine non devono dunque avere contrasti? Certo che sì, ma bisogna essere consapevoli che qualcuno poi li userà per nutrire la leggenda delle donne che si detestano.

Il marketing colpisce ancora

Tutti noi vogliamo essere delle persone migliori. Talvolta un libro ci può aiutare: sto pensando a Stai zitta, della grande Michela Murgia. Questo breve saggio, che ha fatto sentire il suo peso nelle classifiche, vi aiuterà, lettori: dovete aprirlo, leggerlo, riflettere e capire bene perché è il male. Fatto ciò, se non sarete diventati migliori, almeno avrete imparato a non farvi più gabbare dal marketing.
Sì, perché definire “saggio” Stai zitta è un’assurdità, considerando che la sua massa è composta in buona parte da Michela Murgia, ma anche da quantità non trascurabili di Teresa Ciabatti e di Chiara Valerio. Quest’ultima personalità, ad esempio, si rivela in vacue boiate dal tono oscillante fra il postulato matematico e l’aforisma di Facebook:

Contare è essenziale e rivoluzionario, perché rileva immediatamente il tasso di biodiversità sociale e quindi di giustizia.

Tutto il mondo è Morelli

Ma andiamo con ordine. Stai zitta si apre con un amaro spaccato dei tempi correnti. Michela Murgia ci racconta di un suo scontro radiofonico con Raffaele Morelli: lo psicologo, invitato dalla nostra autrice a discolparsi dall’accusa di aver pronunciato parole sessiste, a un certo punto perde la pazienza, perché spesso interrotto, e sbotta:

«Zitta! Zitta! Zitta e ascolta! Sto parlando e non voglio essere interrotto!»

Analizzando questo dramma, la Murgia ci mette a parte delle conclusioni: Morelli è “un uomo dai nervi poco saldi che non aveva potuto sopportare di essere contraddetto da una donna”. C’è forse un po’ troppo in questa deduzione: non può darsi che Morelli non sopporti di essere contraddetto e basta? Che cosa ci dovrebbe indurre a pensare che Morelli non sia incline a sbottare e a farneticare ogni volta che qualcuno, uomo o donna, giovane o vecchio, mette a nudo le sue idiozie? Il libro non si fa troppi problemi e tira dritto, presentando altri casi simili. Poi, con una logica magica, la nostra autrice arriva al punto, dichiarando che:

Le aree semantiche che definiscono una donna che parla sono quasi sempre denigratorie. Se discorre è chiacchierona, linguacciuta, pettegola. Se ribatte è petulante, stridula, sguaiata, aggressiva. Gli aggettivi fanno spesso riferimento all’acutezza del tono vocale, trasmettendo l’idea che il suono della voce femminile aggredisca l’udito […]

Un momento, proporre alcune situazioni particolari non autorizza a imbastire una teoria simile! Gli scontri fra Morelli e la Murgia, fra La Russa e la De Gregorio o fra Mauro Corona e Bianca Berlinguer possono non essere rappresentativi di una situazione generale: un lavoro serio presenta prima i dati che rivelano un certo quadro, e poi porta esempi concreti che lo illustrano. Stai zitta invece o dà per scontato che si conoscano gli studi alla base dell’affermazione generale, oppure fa il contrario di ciò che si dovrebbe fare, dal particolare deduce l’universale. Ma sono incline a non pensar bene di Stai zitta, considerando che non mi pare si dia normalmente della “chiacchierona” o della “pettegola” a una donna che “discorre” o “che parla”… d’altronde, la Murgia stessa presenta la sua tesi premettendo quel “quasi sempre”, una specie di “paraculata”.

Si dice ma non si addice

Andiamo avanti. Stabilito che le cose stanno così perché stanno così, la nostra autrice prosegue elencando le storture sessiste dell’universo:

Tutte le teocrazie del mondo prevedono che la donna taccia in pubblico […]

Agli uomini nessuno chiede di tacere le loro riflessioni interiori, anzi sono così sollecitati a condividerle che è lecito sospettare che prima di parlare parecchi di loro non abbiano riflettuto a sufficienza.

Ma quando è una donna a sostenere il contraddittorio con un uomo, capita spesso che si senta rimproverare anche il fatto di riuscirci bene.

Sono affermazioni lapidarie, in sostanza riducibili a un “si dice”, soprattutto le ultime due. E il “si dice” non si addice a un saggio serio, che vuole insegnare qualcosa. Michela Murgia, evidentemente, non ha uno spirito filosofico, cercare la verità non le interessa: in sostanza, ci insegna che se un’opinione è giusta (ed è sufficiente che sia giusta per chi ce l’ha) allora le prove sono superflue e, se proprio se ne portano alcune, queste possono essere “adattate” a seconda della convenienza. La Bibbia ebraica presenta fra i giudici, cioè fra i supremi capi militari di Israele (al tempo una teocrazia) Debora? La carismatica Sun Bu’er è uno dei sette grandi maestri della scuola taoista Quanzhen? Chi se ne importa, tutte le teocrazie prevedono che la donna taccia, sempre, in ogni circostanza. Non “la maggior parte delle teocrazie”, non “la maggior parte delle donne”: tutte, sempre, comunque. Va bene, lettori? Non fatevi venire strane idee, non si possono discutere le tesi di Michela Murgia, perché:

Negarl[e] sarebbe non solo illogico sul piano intellettuale, ma anche scorretto su quello etico.

Punto e basta.

Astroboyate

Ne sono consapevole, servono più prove di ciò che dico. Consideriamo dunque questo brano:

Le donne sono meno competenti.
Chi ha il coraggio di affermarlo ha il mio rispetto, perché sta finalmente ammettendo che esiste una discriminazione nel suo modo di giudicare il lavoro intellettuale delle donne. Solo che, anziché attribuire la colpa di questa discriminazione al suo maschilismo, la attribuisce alle donne stesse, il che è un po’ come il noto ragionamento del razzista: «Non sono io che sono razzista, sono loro che sono negri».

Ebbene, chi sostiene che le donne siano meno competenti (chi lo sostiene, relativamente a quale campo?) ammette di discriminare, è un maschilista, dà la colpa alle donne di essere inferiori, è come un razzista. Non c’è che dire, è un esempio da manuale… da manuale di fallacie. Abbiamo un argomento fantoccio, un non sequitur, una petitio principii, una reductio ad Hitlerum: se solo Carofiglio avesse avuto a disposizione Stai zitta, il suo Della gentilezza e del coraggio sarebbe stato molto più ricco.

Ma tanto alla nostra autrice importa poco: i fatti sono relativi e possono essere adattati alle esigenze della teoria, se questa è giudicata (moralmente) giusta. Giudicata da Michela Murgia, chiaro. A volte l’autrice si lascia coinvolgere talmente tanto da questo suo lavoro di revisione, da produrre involontari effetti comici. Ad esempio, si lamenta a un certo punto che:

Le astronaute sono AstroSamantha o Astromamma, una specie che negli esemplari di sesso maschile mantiene invece nome, cognome […]

Del povero “AstroLuca” Parmitano si dimentica, per poi ricordarsene improvvisamente più avanti, contraddicendo la sua affermazione precedente. Ma niente panico, la Murgia tenta di metterci una pezza:

Luca Parmitano, che pure ha due figlie, non è mai finito in un titolo di giornale col nome di Astropapà e nemmeno come Astroluca […]

Ecco, la pezza fa un danno peggiore, perché “AstroLuca” compare nei titoli de La Stampa, di RaiNews, di Repubblica, de Il Giornale… Oh, ma insomma, che cosa pretendiamo, lettori? Ma voi non avete mai avuto a che fare con la matematica? Forse ci si dovrebbe scervellare per dimostrare con duecento pagine fitte fitte una cosa tanto ovvia come l’ultimo teorema di Fermat? Se sembra così va bene, è così, e se c’è un resto fastidioso, basta ignorarlo, no? Direi che è un ottimo insegnamento, dopotutto.

L’abito non fa la Murgia

Il libro in effetti sembra proporsi anche come un testo pedagogico e, con tale spirito, la Murgia ci racconta una bella storia. Nel 2013 decide di candidarsi alla presidenza della Regione Sardegna: per conquistare l’elettorato, il suo “spin doctor” le dà dei consigli. In sostanza, lo spin doctor dice che, riprovevole o no, il mondo va oggi in un certo modo e, se si vuole cambiarlo, prima bisogna ottenere ciò che serve per cambiarlo: e per ottenere ciò che serve, bisogna fare certe cose. Nel caso, presentarsi bene davanti alla folla, indossando magari un tailleur, perché il tailleur è ciò che rassicura l’elettorato, ovvero elettori ed elettrici.
Bene, ecco come continua la storia:

Non ero convinta di questa lettura e infatti non misi mai un tailleur, né rinunciai al mio colore preferito. Non credo sia per questo che abbiamo perso alle urne, ma sapevo dentro di me che Luigi [lo spin doctor] aveva ragione: quello che a un uomo fa vincere le elezioni, a una donna, con ogni probabilità, le farà perdere.

Interpretando come più conviene il discorso dello spin doctor, Michela Murgia propone dunque la morale: in ogni caso non siamo noi (plurale maiestatico) a doverci adattare al mondo, il mondo si deve adattare a noi e se poi non otteniamo quello che vogliamo, non è certamente colpa nostra, non è che abbiamo sbagliato qualcosa, è che siamo vittime di un complotto. Eh già, capite? È molto educativo.

I protocolli dei maschi etero di zio

Ecco, Stai zitta getta la maschera: dopo continue manipolazioni dei fatti e maligne provocazioni (“un uomo [è] assai più soggetto all’effetto Dunning-Kruger che induce perfetti incompetenti a sovrastimarsi”), si addentra senza più alcuna paura nel puro complottismo. E non in quel complottismo ridicolo dei flat-earther, in quel complottismo con i baffetti.
Sembra incredibile, lettori, ma è così: Michela Murgia tratteggia un quadro del nostro mondo in cui esiste un complotto delmaschio etero” per tenere schiacciate le “minoranze” e le donne. Intendiamoci, la nostra autrice non parla semplicemente di discriminazioni, di ingiustizie sociali e di classe, di pregiudizi: questi guai esistono e non si possono né minimizzare né ignorare.
No, Michela Murgia teorizza un complotto globale e storico, organizzato e reiterato coscientemente da una cricca al potere e da “complici” a volte inconsapevoli:

Sapevano [le nostre bisnonne, nonne e madri], come dobbiamo sapere noi, che il patriarcato è un sistema muscolare e rispetta solo ciò che teme.

Se il patriarcato vuole dominare il sesso femminile senza ricorrere continuamente alla forza ha bisogno di convincere delle sue ragioni almeno due terzi delle donne […]

[Riferendosi alle donne] il patriarcato ama molto la tattica di sceglierne una e additarla a tutte come modello esemplare […]

[…] il prezzo più alto delle […] disuguaglianze lo pagano le donne e le persone LGBTQI+. All’apice della piramide di potere che chiamiamo patriarcato c’è il maschio eterosessuale in quanto tale.

Avrete già notato che anche in questo caso il cattivo è ipostatizzato come il “Capitale” di Fusaro: sì, nonostante in teoria siano acerrimi nemici, Diego Fusaro e Michela Murgia scrivono e pensano allo stesso modo. Ed entrambi pensano e scrivono come qualche personaggio del passato, di un passato che non ricordiamo con molta gioia…
In un certo senso, però, la Murgia supera Fusaro, perché giunge a mettere nero su bianco delle parole che non temo di definire agghiaccianti:

Non stupisca che ci siano donne che si prestano a essere usate dal sistema maschilista come corpi contundenti contro tutte le altre.

[Essere un maschio etero e] nascere in un sistema patriarcale e maschilista è un po’ come essere figli di un boss mafioso.

Capite? Qualche lettrice potrebbe non essere d’accordo con i deliri della Murgia: bene, tale lettrice è un agente nemico, è una venduta, una poveraccia a cui è stato fatto il lavaggio del cervello. È una nemica: sì, perché a quanto pare il Murgia pensiero è “o con me o contro di me”, non è contemplato che qualcuno possa essere contro di lei e pure contro le ingiustizie della società.
E sembra che Michela Murgia adotti anche quest’altro principio: “l’unico maschio etero buono è un maschio etero morto”. O meglio, l’unico maschio buono è quello che pensa queste cose:

«[…] alle volte il senso di colpa di essere nato dalla parte degli oppressori mi fa sentire un incapace. Vorrei chiedere a te [Michela Murgia] come farò […] a cambiare il mondo giorno dopo giorno […]». […] Se qualcuno si chiedesse che aspetto abbia un femminista, io credo sia fatto così.

Interessante, soprattutto perché in precedenza la Murgia aveva distinto fra “colpa” e “responsabilità”, sostenendo che gli uomini, per abbracciare lo spirito femminista, non dovrebbero sentirsi in colpa, ma responsabili delle discriminazioni. Colpa o responsabilità, dobbiamo capire che un uomo qualsivoglia è sempre e comunque complice, perché esiste un complotto a suo favore e lui inconsapevolmente ne gode i benefici. E il complotto esiste, non fatevi venire in mente dei dubbi lettori: cioè, nel libro non troverete mai prove a sostegno di questa affermazione, dovete credere all’evidenza e se l’evidenza non vi dice nulla, allora anche l’evidenza è parte del complotto.

La sua lotta

Lettori, non ho più parole, anche se ci sarebbe molto altro da discutere. All’apparenza Stai zitta può sembrare un libro trash, semplicemente stupido, sopra le righe, senza senso, un po’ come Non mi avete fatto niente. Ma non è così. Vi propongo un esercizio: sostituite “ebreo” a “maschio etero” e “sionismo” o “complotto giudaico” a “patriarcato”, poi ditemi se non vi viene subito in mente quale titolo potrebbe sostituirsi a “Stai zitta”.
No, lettori, a un certo punto non c’è più molto da ridere: la presenza di Michela Murgia e di Diego Fusaro nelle librerie e nelle classifiche è preoccupante, perché vuol dire che la cultura italiana e il comune pensiero degli italiani, da male che stavano, sono peggiorati. Oppure vuol dire che in questo Paese il pensiero e la cultura devono peggiorare, che piaccia o no.
Ma se la cultura vi ha rotto, allora datele una bella mazzata leggendo Stai zitta. E se lo farete, io vi auguro una buona lettura!

Sara

Ciao! Sono la fondatrice del blog letterario "Il pesciolino d'argento", amo profondamente i libri, l'arte e la cultura in generale.

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