Cent’anni di solitudine – Gabriel García Márquez

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IL GIUDIZIO:

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Le stirpi condannate a cent’anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra.

Come, non l’hai letto?

Cent’anni di solitudine non è soltanto il capolavoro di Gabriel García Márquez, è anche una delle opere fondamentali della letteratura novecentesca. Ma prima di parlarvi del libro vero e proprio, voglio introdurvi alla corrente letteraria nella quale questo libro si inserisce, il realismo magico. A lungo si è discusso sull’origine di questa corrente letteraria, sull’influenza delle avanguardie, di Hoffman e di Kafka sull’autore, ma ci si dimentica di porsi la domanda chiave, ovvero: “perché in Sud America e non altrove?”.

Il calderone

Ecco, tenete presente la storia dell’America Latina, un luogo dove tre diverse culture si sono intrecciate per creare qualcosa di assolutamente nuovo: da una parte abbiamo la cultura europea, nello specifico la cultura spagnola, fortemente realista e pragmatica, dall’altro abbiamo popolazioni, indios e neri, appartenenti a una cultura ancestrale e primigenia.

Spiritualismo e realismo si legano, e testimoniano la nascita di una nuova cultura che guarda il mondo da una prospettiva diversa da quella a cui siamo abituati, e tutto questo è racchiuso in Cent’anni di solitudine, a Macondo. Macondo è una piccola comunità di giovani che hanno deciso di allontanarsi dal paese in cui sono nati, per fondare una città nuova, in una terra vergine e incontaminata… e tuttavia non esiste angolo di terra che prima o poi non sia toccato dalla violenza, dalla guerra, dalla follia. Dopotutto Macondo viene fondato per iniziativa di José Arcadio che sposa sua cugina Ursula, nasce cioè per il volere di una coppia anomala, strana, che sfida la natura e mette su famiglia anche se c’è la forte possibilità che nasca un bambino storpio… naturalmente nel realismo magico la deformità non si traduce con la descrizione di una vera malattia, ma in un elemento assurdo, quale è la coda di maiale su un essere umano.

È il tuo destino

Quindi Macondo vuole nascere libero, ma nasce sotto il segno del peccato e della stranezza, e dalla stranezza e dalla follia saranno caratterizzati infatti tutti i discendenti della famiglia Buendía: passioni tanto incontenibili quanto passeggere sono all’ordine del giorno, sfociando a volte addirittura nell’incesto e nella pedofilia, e nessuno si stupisce di vedere una donna bellissima salire al cielo, di vedere un fantasma cercare compagnia, o una pioggia che dura quattro anni. Nel momento in cui aprirete questo libro dovrete accettare che la natura può fare ciò che vuole e che voi non avete potere di fermarla, e che i fantasmi sono reali quanto la gente che vedete uscire per strada.

Tranquillo, è tutto a posto

Ho notato che spesso i lettori che decidono di affrontare questo libro si lamentano di confondersi a causa dei personaggi che presentano sempre nomi uguali, ma questo, se ben notate, è perfettamente in linea con la trama del libro: tutti gli uomini di tutte le culture danno un significato al nome con cui chiamano il proprio figlio, così se chiamo mia figlia “Elena” desidero che ella diventi bellissima, se chiamo mio figlio “Leonardo” è perché magari desidero che egli sia un inventore, se uso il nome di mia nonna, è perché desidero che il suo spirito riviva in mia figlia. Quindi, come non potrebbero chiamarsi sempre con gli stessi nomi i discendenti della famiglia Buendía, che nulla hanno conosciuto oltre la fama del fondatore di Macondo, che di Elena di Troia e Leonardo da Vinci non hanno mai sentito parlare? E ciò ci porta al tema principale del libro: la solitudine.

Nemmeno io mi tengo compagnia

Non solo solitudine di Macondo, piccola comunità isolata nella natura selvaggia, non solo solitudine della famiglia Buendía nei confronti delle altre famiglie di Macondo (mai si intrecciano veri rapporti di fraterna amicizia con altri abitanti), ma solitudine e diffidenza perfino tra gli stessi Buendía: ognuno è inevitabilmente solo con se stesso, e non fa nulla per integrarsi nel mondo e con altri, anzi, chi si allontana da Macondo, pur conoscendo le comodità che altri posti offrono, vi ritorna e decide di restarci.

Ecco cos’è Cent’anni di solitudine, spero che possa piacervi almeno la metà di quanto è piaciuto a me.

Buona lettura!

Sara

Ciao! Sono la fondatrice del blog letterario "Il pesciolino d'argento", amo profondamente i libri, l'arte e la cultura in generale.

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