Panettone al posto del pop-corn

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sdoganamento dei cinepanettoni, da vacanze di natale '95 a merry christmas

Cine e panettone: taaac!

Lettori, vi state preparando per le feste, non è vero? Il pranzo di Natale è già stabilito, le luci sono appese dappertutto, “Invictus” e “Olympea” li regalerete a chi amate, La matematica è politica e Il grembo paterno a chi vi sta sulle balle… tuttavia, manca qualcosa. Guarda in su, guarda in giù… uhm, sembra tutto a posto. Eppure manca qualcosa. Sì, c’era qualcosa… qualcosa che faceva subito Natale… oh, ma cos’era? Non arrovellatevi troppo, adesso vi dico io cosa manca: un uomo di mezza età che scia seduto su un gabinetto. E vi manca anche il jingle con il sassofono composto da Tony Carnevale per la rubrica Appuntamento al cinema. Oh sì, datemi pure della matta, ma al vostro Natale, per essere davvero un Natale, manca un cinepanettone.

Vi immagino, vi immagino, adesso state guardando con gli occhi sbarrati lo schermo del device, come se aveste appena letto che la Calandrone è una poetessa. Tranquilli, è normale. So bene che fin dai tempi della scuola (soprattutto se siete dei millennial) vi hanno detto che i cinepanettoni sono dei filmacci, che sono stupidi e volgari, il peggio del peggio. Embè? Hanno pienamente ragione. Siete ancora più confusi, eh? Insomma, questo non dovrebbe essere il punto dell’articolo in cui vado controcorrente e svelo una verità sconvolgente? Ma appunto! Il pesciolino d’argento è l’unico vero blog letterario controcorrente, e infatti non vi deluderò neanche stavolta. Sì, i cinepanettoni sono dei filmacci, sono stupidi e volgari, ed è proprio per questo che meritano di essere visti.

Regole strane

Troppo controcorrente, mi rendo conto. È inaccettabile che un blog culturale promuova delle porcherie dicendo chiaro e tondo che sono porcherie, la prassi vuole che si parli di “freschezza”, di “originalità”, di “emozioni intense”. Che volete farci, a me piace chiamare le cose con il loro nome, quindi i cinepanettoni sono davvero dei filmacci. Bene, ma perché vanno visti, allora? Non si corre forse il rischio che gli spettatori prendano a comportarsi proprio come i personaggi delle pellicole, lasciandosi andare a uno smodato turpiloquio e ad atteggiamenti irrispettosi nei confronti del sesso femminile? Eh già, questa nuovissima preoccupazione, che ci perseguita dai tempi di Ken il guerriero (ma è ben più antica nella sostanza, ovviamente) è una delle più appuntite frecce nella faretra degli oppositori del genere. Giusto per fare un chiaro esempio (e mi perdonerà se lo cito, è a fin di bene), il blogger Gaepanz, nel suo articolo Fenomenologia del cinepanettone, ci avverte delle possibili ripercussioni che questi film potrebbero avere sulla nostra moralità:

Qualunquismo, populismo, omofobia, leghismo, sessismo, razzismo, faciloneria, carenze linguistiche: questi sono i regali che ci portano i cinepanettoni. La cosa più grave è che lo spettatore medio si nasconde dietro un “Lo vado a vedere per staccare la mente per due ore” o “Mi faccio solo due risate, che male c’è?”, e non sa che quella testa sarà sempre meno in grado di farla girare correttamente.

Be’, be’. Carissimi lettori, voi che seguite con (ricambiato) affetto Il pesciolino d’argento, sapete che le conclusioni affrettate, e in un certo senso “chic”, sono messe al bando. Davanti al tono allarmistico e severo di Gaepanz, dovremmo innanzitutto domandarci in che modo un film proiettato nelle sale per un periodo limitato, o mandato in onda al massimo un paio di volte l’anno, possa influenzare tanto profondamente il nostro comportamento. Riflettiamo un attimo con calma. Suppongo che molti di voi non si siano iscritti a Vinted, nemmeno dopo aver visto gli innumerevoli e martellanti spot: ebbene, vogliamo davvero credere che sia sufficiente assistere una volta l’anno (quando si ha tale fortuna) alle prodezze di Fabio Trivellone, per diventare dei sessisti dislessici con la testa rasata e la svastica incisa sulla fronte? Come dite, a qualcuno capita? Ah, forse, però questo ci autorizza a concludere che il cinepanettone è causa del male? Uhm, io direi che al più è una chiave: se trova la giusta toppa, allora bing!, si apre la porta e ne esce il mostro. Ma appunto, occorre la giusta toppa, altrimenti la chiave non apre proprio un bel niente…

Ci tengo inoltre a farvi notare, lettori, che Gaepanz e altri detrattori dei cinepanettoni non tengono in conto la cosiddetta “cornice di gioco”, o “play frame”, se pensate che in inglese suoni più intelligente. La play frame, tanto per dare una definizione fondamentale, è un concetto chiave dell’umorismo, e indica un evento appartenente alla vita reale inserito in un contesto giocoso, al fine di ottenere una reazione psicologica atipica. Atipica, sì, eppure del tutto naturale. Pensate, ad esempio, a un episodio di Beep Beep e di Willy il Coyote: si prendono a martellate, usano con disinvoltura la dinamite, cadono da altezze vertiginose. Sono eventi orribili, che ci terrorizzerebbero nella vita reale. Be’, a dirla tutta, anche un coyote antropomorfo ci terrorizzerebbe, se lo incontrassimo. Ad ogni modo, nel preciso contesto dei cortometraggi Warner, simili elementi spaventosi risultano… oh, insomma, risultano divertenti. Perché? Semplice, è un gioco, appunto! Sappiamo già dal principio che se Willy cade, tutt’al più rimedia un bernoccolo: alle varie azioni non seguono delle reazioni, e dunque noi spettatori sappiamo di “trovarci” in un mondo possibile alternativo, “impoverito”, rispetto al mondo reale, il mondo vero. Abbiamo invece tutt’altro tipo di reazione se guardiamo un filmato sull’11 settembre, giusto? Un uomo sfortunato si lancia da una delle due Torri Gemelle, per salvarsi dall’incendio. In questo caso, anche se non vediamo l’esito, ci rendiamo conto che la caduta non è semplicemente una caduta priva di conseguenze: essa è coerente con il contesto “serio”, e dunque ci è facile immaginare ciò che l’ha causata, ciò a cui inevitabilmente condurrà, e tutta l’intensa disperazione del “personaggio” coinvolto. E non c’è bisogno che lo faccia notare, anche se lo faccio lo stesso: non è che guardare i Looney Tunes ci “desensibilizzi”, ci renda incapaci di “spostarci” fra le varie cornici. Personalmente, ho sempre seguito i cartoni animati più demenziali, volgari e violenti, eppure davanti al massacro del Bataclan non ho saputo trattenere le lacrime per la paura. Perciò, vi assicuro che in almeno un caso il prodotto “diseducativo” non è riuscito a diseducare. E se c’è almeno un caso del genere, capite da voi che la teoria di Gaepanz è un po’… un po’ una minchionata.

Ora, lettori, torniamo ai nostri cinepanettoni. Il play frame è palese: come può considerarsi realistico un film in cui i personaggi si puliscono il sedere con le bende di una mummia, o cantano una canzoncina ogni volta che fanno la pipì? Come può essere serio un film che ha per colonna sonora brani di Scatman John e di Alexia? L’atmosfera assurda dei cinepanettoni, tanto spesso disprezzata dagli… eh… intellettuali nostrani, è proprio ciò che segna una netta linea di demarcazione tra la finzione e la realtà, comunicando così con schiettezza allo spettatore che ciò che accade sullo schermo è impossibile da replicare nella vita reale. Il pubblico sa che nel contesto del cinepanettone, e solo in tale contesto, valgono certe regole strane, del tutto inapplicabili nella quotidianità. Non è diverso dalle regole che un bambino accetta e applica quando è al parco giochi: non sono mica le stesse che accetta e applica quando si trova a scuola, no? E il bambino (con un po’ di educazione, insegnata una volta per sempre) è perfettamente in grado di distinguere i contesti in cui una regola può applicarsi da quelli in cui tale regola va “abrogata”.

Boldi il coio… coyote, coyote!

Già, è molto bello, ma… alla fin fine, mi incalzate, che cosa accade nel mondo fantastico del cinepanettone? Le parole di Gaepanz sono precise: omofobia, sessismo, razzismo. Stando alle accuse, parrebbe che i cinepanettoni elogino il solito maschio bianco ed etero, a scapito delle donne, e pure degli uomini di altre etnie (e con altri “orientamenti”). Uhm. Lettori, credo proprio che… ma sì, ecco un’altra conclusione precipitosa. Insomma, è certo che nei cinepanettoni la donna è estremamente sessualizzata, si vedono seni e natiche di continuo, e il sesso in generale è alla base della comicità proposta da Boldi e amici. Non ho alcuna intenzione di negarlo, anche perché non potrei. Ma, ecco, ciò non è sufficiente per parlare di sessismo. A ben guardare, chi fa la figura più meschina, nelle varie trame, è proprio l’uomo. Bianco ed etero. Pensateci, e poi vedrete anche voi quel che vi ho appena messo davanti agli occhi. Nei cinepanettoni, spesso le attrici ingaggiate sono bellezze statuarie, delle modelle famose; i protagonisti maschili, al contrario, lasciano molto a desiderare. Boldi, lettori! Calvo, dal ventre flaccido, addirittura in più di un cinepanettone è rappresentato come un incontinente. Be’, i suoi sono personaggi dal corpo decisamente sgradevole, corpo che viene ridicolizzato senza tregua nel corso del film. Perché tanta discrepanza estetica con le protagoniste, allora? Ma è ovvio! Boldi deve far ridere con il suo ruolo di predatore frustrato, un viscidone sfigato che prova senza successo a occupare un posto nella società. Ah, ah, lettori, ho parlato poco sopra di un altro predatore. Esatto! Boldi, e più in generale il maschio dei cinepanettoni, è una sorta di Willy il Coyote, che si affanna per acciuffare il serafico e vincente Beep Beep. La donna non ha una parte attiva nel cinepanettone, sì, però non perché sia asservita al maschio e alle sue voglie, come appunto taluni credono, bensì perché è l’espediente utilizzato per mettere in ridicolo il maschio debole e arrapato. Pensate solo alla fatica con cui Boldi, in Body Guards si fa in quattro per guadagnarsi (senza successo) i favori di Anna Falchi: ecco, chi direste che fa la figura del fesso? Boldi o la Falchi? Vi lascio la dimostrazione formale come compito a casa.

Avete capito che, almeno secondo me, i cinepanettoni non possono proprio considerarsi un elogio del maschio bianco sciupafemmine. Tanto più che spesso, la supposta virilità dei personaggi è… messa sotto attacco. Così come le donne sono assediate dalle avance degli uomini, anche questi ultimi a un certo punto sono “aggrediti” da improbabili spasimanti. Oh sì, puntualmente tali spasimanti sono degli omosessuali. Eccallà, il gay discriminato, ridotto a una macchietta. Di nuovo, calma, calma. Gli omosessuali dei cinepanettoni sono effettivamente stereotipati: non sono degli adolescenti introversi ed emarginati, su questo non ci piove. Ma sono stereotipati in senso negativo? No, no, chi dice che gli stereotipi sono per natura negativi, secondo me non la sa lunga come vuol far credere. Nei cinepanettoni i gay sono perlopiù uomini fatti e finiti, alti, atletici, ben inseriti socialmente. In una parola, sono virili! Vacanze di Natale ’95 è l’esempio che dobbiamo considerare, a questo punto della nostra chiacchierata. C’è una bella scena: per una serie di vicissitudini, Boldi guida nudo un’automobile, ed è inseguito da un poliziotto. Cerca riparo in un locale, che scopre poi essere un luogo di incontro per omosessuali. Avete presente il volto triste, sofferente e spaesato di Eddie Redmayne in The Danish Girl? Scordatevelo: il locale in cui entra Boldi è affollato di uomini ipervirili, con i baffi, i muscoli, e la mandibola da chad, subito pronti a deridere gli “attributi” dello sventurato Cipollino. Ah, sicuro, nel film sentiamo più volte pronunciare quella parola tabù (che però riporto lo stesso perché sono coraggiosa, “froci”), ma caspita, se in Vacanze di Natale ’95 è l’etero che prende in giro il gay, io mi mangio il cappello! In effetti, accade esattamente il contrario, e non solo: se nella realtà, purtroppo, c’è chi “fa branco” contro l’omosessuale, nel nostro film è il maschio bianco ed etero che si ritrova accerchiato e deriso.

I tipici (e crudeli) meccanismi sociali sono dunque parodiati e invertiti, in linea con la cornice giocosa di cui vi ho parlato. E anche De Sica, che nei film interpreta solitamente il belloccio che ha successo con le donne, non gode di un trattamento più favorevole. A tal proposito, vi faccio presente un’altra scena di Body guards, scena in cui Boldi e De Sica sono incaricati di sorvegliare il Maestro Priapinski, amante della marijuana e delle giovani brasiliane. Ebbene, i due protagonisti si lasciano trascinare dalla situazione e finiscono per unirsi ai festini del maestro. Mentre ballano la samba facendo un trenino, Boldi tenta un approccio con una ragazza, che si rivela poi essere un transessuale. Il nostro si spaventa e cerca di allontanarsi, ma viene prontamente rimproverato da De Sica, con un serafico e allegro “ma che te frega”. Insomma lettori, come al solito la virilità di Boldi è minacciata, e il più fico del duo, che dovrebbe dunque essere anche il più aggressivo, in realtà non emargina nessuno. Anzi, si fa quasi portavoce di un approccio alla vita “inclusivo”.
Ebbene, nel cinepanettone, né l’omosessuale né la donna sono vittime del maschio etero: sono invece “elementi di scena” (so che sembra brutto, detta così, però non è qualcosa di negativo). Elementi di scena che hanno un solo scopo: accentuare ed esasperare il ridicolo intrinseco nei personaggi principali. Nel caso in cui non foste del tutto convinti, considerate allora in quanti modi la virilità dei personaggi interpretati da Boldi e De Sica è derisa in scene decisamente equivoche. Sempre in Vacanze di Natale ’95 Boldi è penetrato “per sbaglio” da De Sica in doccia; in Merry Christmas il membro di Boldi rimane incastrato in un’auto della polizia, e per liberarsi sembra che “scopi la macchina”; in Natale a Miami i due ignari eroi mangiano testicoli umani, quasi in una sorta di involontaria fellatio…
Oh andiamo, è davvero impossibile credere sul serio che gli autori dei cinepanettoni abbiano voluto offrire al pubblico un’immagine gagliarda dell’uomo etero e della sua sessualità: è ostentata, sì, ma solo per essere ridicolizzata.

E c’è poi il razzismo. Ancora Vacanze di Natale ’95 e Boldi: quest’ultimo è in aeroporto, sta imprecando contro i suoi familiari e si lascia scappare l’insulto “zulù”. Subito dopo aver pronunciato “zulù”, Boldi si trova davanti un nero alto e minaccioso. Timoroso di averlo offeso, il nostro spiega balbettando che cosa intendesse realmente dire, ma è presto interrotto dal suo interlocutore, che si rivela… un verace napoletano. Ecco, con un brevissimo scambio di battute, il film prende in giro chi in un nero vede un primitivo incivile e incapace di “integrarsi”. Ah, non posso negare che nei cinepanettoni le abitudini di altre popolazioni siano spesso oggetto di scherno, ma ciò che è realmente schernito non è il popolo in sé, bensì il suo stereotipo. E gli stereotipi, riprendo ora il tema, sono assolutamente necessari in una commedia goliardica: esasperano determinate caratteristiche, rendendole grottesche e, dunque, più divertenti. C’è dell’altro: gli stereotipi servono soprattutto a impedire che lo spettatore si immedesimi con i personaggi di cui segue le vicende. Vi pare strano? Eppure è così, ed è necessario che sia così, se l’opera è comica. Scongiurato il pericolo di un’immedesimazione, lo spettatore può infatti ridere liberamente delle varie disavventure senza sentirsi in colpa, senza che si attivi il noto “sentimento del contrario” di cui parlava Pirandello.
Infine, gli stereotipi servono anche per essere disattesi, per creare cioè un “effetto sorpresa”. E ben sapete che la sorpresa è uno dei fondamenti della risata. Appunto, siamo sorpresi quando sentiamo il nero parlare in dialetto napoletano, e la cosa… dai, almeno un risolino ce lo strappa. Insomma, nei cinepanettoni gli stereotipi ci sono eccome, ma non vanno presi come indizi di una mentalità miserabile e arretrata: devono essere considerati per ciò che sono, ossia espedienti naturali per far ridere. Nient’altro. E l’uomo ha bisogno di ridere, se non si vuole che faccia piangere qualcuno.

Cinecoattoni

Va bene, lettori, va bene, come riassumereste il mio discorso, a questo punto? I cinepanettoni non sono davvero nocivi, e chi li guarda non si trasformerà inevitabilmente in un burino maschilista e fascista. Ma, c’è un ma. Io so che siete ancora dell’idea che certi film possono incontrare il gusto soltanto della “gente semplice”, senza pretese. Ditelo, i cinepanettoni possono piacere al massimo ai cafoni arricchiti che disprezzano la vera cultura. Ci avete preso! Eh sì, è proprio questa la seconda grande accusa che devono affrontare le scemenze con protagonisti Boldi e De Sica. Parliamo papale papale? I cinepanettoni fanno schifo, ma fanno ancora più schifo i loro spettatori, che permettono al genere di sopravvivere.
A questo proposito, Curzio Maltese, europarlamentare e giornalista, in un articolo per la Repubblica (anche lui non si offenda se lo cito) fa coincidere il declino dei cinepanettoni con quello di Berlusconi, eletto da un’Italia “anomala e volgare”. L’articolo è vecchio, ma come dice il buon Alvaro di Stellina, “la giustizia de Il pesciolino d’argento può tardare, però alla fine arriva sempre”, perciò ecco uno stralcio:

Il crollo di incassi del cinepattone [sic] di Natale, un genere che per quasi trent’anni aveva collezionato record su record al botteghino, è forse il primo e più clamoroso segno della fine dell’epoca berlusconiana. Di colpo lo specchio di una certa Italia maggioritaria, felicemente anomala e volgare, è andato in frantumi. [Il successo che i cinepanettoni hanno avuto] [è] il trionfo di un’Italietta riccastra e volgarissima, in perenne vacanza da qualsiasi responsabilità, cinica e scorreggiona, molto familista ed enormemente amorale, fiera della propria ignoranza e superficialità […]. Presi tutti insieme i cinepattoni [sic] […] [d]ipingevano un’autobiografia grottesca della nazione, offrendo lo specchio fedele della neo borghesia cialtrona. […]
Gli stranieri, che trovavano esilarante il personaggio reale di Berlusconi, non riuscivano a divertirsi con i berluschini delle trame vanziniane. Al contrario gli italiani che per vent’anni non hanno riso del Cavaliere, si sbellicavano per le triviali imprese di Boldi e De Sica, probabilmente per gli stessi meccanismi psicologici.

Lettori, a me Berlusconi non piace come politico, un pochino mi piacicchia quando fa il barzellettiere e canta ai tavoli dei ristoranti. Questa premessina, fatta tanto per, lascia comunque il tempo che trova, lo so. Il punto è che l’articolo di Maltese… meh, sembra un po’ una scoreggia presa in prestito da Enzo Salvi. Innanzitutto, notiamo che il nostro giornalista pare identificare i personaggi dei cinepanettoni e il pubblico: fra i tanti insulti rivolti agli spettatori, infatti, troviamo “volgarissima” e perfino “scorreggiona”, i quali lasciano intendere che… be’, chi guarda Boldi e De Sica, a casa e sul lavoro, emula le gesta dei due eroi. Lettori, questa roba ha senso, secondo voi? Abbiamo già visto che i personaggi dei cinepanettoni sono estremamente deprecabili proprio perché lo spettatore non possa in alcun modo simpatizzare per loro, riuscendo così senza alcun rimorso ad “aggredirli ridendo”. Ma insomma, la commedia, specie se rozza, è costruita ad arte per scoraggiare (è scritto giusto, non ridete) ogni tentativo di immedesimazione! Sicuro, molti(ssimi) spettatori ridono quando Boldi si lascia scappare un peto: che sono, dei degenerati? No, è che trovano il peto completamente fuori luogo, così inopportuno da essere ridicolo; come potrebbe lo spettatore aver voglia di seguire l’esempio di Boldi, ricoprendosi di ridicolo lui stesso? Per quanto un individuo possa essere volgare e meschino, non vorrà essere lo zimbello degli altri, giusto? Sì, qualche spaccone strombazzerà perfino in chiesa, per lo smodato piacere di essere al centro della scena: però, simili individui non rappresentano né l’intera società né il pubblico tipico dei cinepanettoni. Un uomo che ama essere deriso o rimproverato, più che un uomo normale traviato da un film, non è forse un “disturbato” tutt’al più eccitato da un film? Ecco, secondo me, sostenere che Boldi e De Sica piacciono al pubblico perché il pubblico è composto a sua volta da tanti Boldi e De Sica, equivale a dire che le partite di Serie A le guardano soltanto quelli che giocano regolarmente a calcio. Ed è una grossa stro…

Continuiamo con l’analisi dell’articolo di Maltese, perché le cretinate (ma tu guarda come parlo male) non sono finite. Da tipico italiano (è uno stereotipo, questo?), Maltese sembra soffrire di un notevole complesso di inferiorità nei confronti di ogni… uh… non italiano! Perciò, nel suo articolo non manca la solita lamentela con cui si condanna il cinepanettone per non aver soddisfatto i gusti degli stranieri. Uhm, sarà. Tanto per cominciare, non capisco bene a quali “stranieri” Maltese fa riferimento, poiché alcuni cinepanettoni (Merry Christmas e Natale in India giusto per menzionarne un paio) sono stati esportati con successo in Spagna, in Russia e in Paesi dell’America latina. Natale sul Nilo è addirittura frutto di una co-produzione con la Spagna…
Ah, ecco! Probabilmente Maltese fa riferimento ai nostri padro… ehm, agli americani. Sì, insomma, agli statunitensi. Se così fosse, lasciatemelo dire, l’articolo sarebbe ancor più sciocco, perché gli Stati Uniti vantano dei veri professionisti, per quanto riguarda le commedie demenziali. Insomma, dovremmo davvero vestirci di sacco e sederci sulla cenere perché gli americani, che hanno scelto di far iniziare Scary Movie 3 con uno zoom sulle tettone ballonzolanti di Pamela Anderson, non sono interessati alle gag pensate da Neri Parenti e dai Vanzina? LOL.

E alla fine dell’articolo de la Repubblica, come la classica ciliegina sulla torta, spunta una bella chicca. Maltese non riesce a spiegarsi perché gli italiani non riescano a comportarsi come gli stranieri (che sappiamo essere gli americani, a questo punto), ridendo cioè di Berlusconi e disprezzando i cinepanettoni. Uhm… ehm… ma soltanto io sento un po’ di puzza? Se gli italiani ridono dei “berluschini” dei film, mentre rispettano il Berlusconi reale, se hanno, cioè, due reazioni opposte a “personaggi” simili, come… sì, intendo… boh?! Se il pubblico avesse applaudito commosso di fronte alle imprese di De Sica, avrei capito perché Berlusconi, che si è sempre coperto di ridicolo, è stato eletto e rieletto per anni. Ma la situazione che Maltese ci propone è ben diversa. Pertanto, non è più probabile che i cinepanettoni siano piaciuti per un motivo, e che Berlusconi sia piaciuto per un altro?

Le chiappe che non vi insegnano a scuola

Mah, forse l’importante è avere poche idee e confuse, se si vuol fare il giornalista. Non vi ho proposto chissà quali argomenti, me ne rendo conto, tuttavia se le mie poche parole non sono state sufficienti nemmeno a farvi venire il dubbio che non sono soltanto i “sempliciotti” ad apprezzare la trivialità, vi invito ora a considerare il carme di un autore classico che più classico non si può. Marziale! Calma, calma, lo so anch’io, la scurrilità di Marziale non è fine a sé stessa come nei cinepanettoni: è satira, è critica della società, bla, bla, bla. Ad ogni modo, Marziale ci va giù un tantino pesante:

Tu, Vetustilla, hai visto trecento consoli, .
ti restano tre capelli e quattro denti,
hai il petto di una cicala, le gambe e il colore delle formiche,
una fronte che ha più pieghe di una stola e seni che sembrano ragnatele;
le fauci di un coccodrillo del Nilo sono anguste rispetto al tuo mascellone,
e le rane del ravennate borbottano più piacevolmente,
e le zanzare sibilano nell’atrio più dolcemente,
e vedi quanto i vecchi gufi riescono a vedere la mattina,
e puzzi come un custode di capre,
e hai le chiappe di un’anatra malnutrita […]
e ancora dopo la morte di duecento
mariti hai il coraggio di andare a nozze
e come una pazza cerchi un uomo che si ecciti
per le tue reliquie. […]

Raffinata, allusiva, per animi colti ed eleganti. Ma sti caz… ! I famosissimi versi sono sporchi, esagerati, offensivi, e… già… divertenti. E adesso rinfrescatemi la memoria, dire a una poveraccia che è una vecchia schifosa con le chiappe di un’anatra ha per caso precluso a Marziale la composizione di poesie delicate e di immensa sensibilità? Perché il carme dedicato a Eròtion, una bambina morta prima ancora di compiere sei anni, dacché mi ricordi è sempre suo, eh! Com’è, come non è, ho il brutto presentimento che qualche giornalista, un giorno o l’altro, se ne verrà fuori sostenendo che è indegno di un uomo di grande cultura divertirsi con qualche battuta sporca…

I soliti esigenti, Marziale non è abbastanza, anzi è pure troppo scontato. Un altro esempio, allora. Dante! Vi garba? Se avete letto il saggio di Alessandro Barbero, sapete che a scuola abbiamo imparato ben poco sul conto del Sommo. Abbiamo imparato le cose più gne gne, più accettabili, ecco. Un dettaglio spesso omesso dai nostri insegnanti è il gusto del poeta per la tenzone, un gioco letterario (ma quale cosa “letteraria” non è un gioco?) che vuole due autori sfidarsi a suon di rime. Di rime, e di insulti. Proprio nel corso di una tenzone, ad esempio, al caro amico Forese Donati Dante rinfaccia di non saper soddisfare adeguatamente la moglie. Già, sola nel letto, la poverina prende freddo ed è costantemente raffreddata:

Di mezzo agosto la truovi infreddata;
or sappi che de’ far d’ogn’altro mese!
[…]
La tosse, ’l freddo e l’altra mala voglia
no ll’adovien per omor’ ch’abbia vecchi,
ma per difetto ch’ella sente al nido.
[…]

Oh lettori, perfino Dante non si astenne dalle volgarità e dalle allusioni piccanti. E ciò perché si tratta di un gioco, del play frame di cui vi ho parlato e riparlato. Ecco, Dante e Forese si stuzzicavano senza che ciò potesse davvero intaccare la loro amicizia, appartenente alla reale quotidianità, quindi al di fuori della cornice giocosa. Uhm, volete però farmi notare che nel componimento dantesco, a differenza delle battute di Boldi & Co., è usato un registro aulico. Cari affezionatissimi, tenete in conto che il registro aulico dell’epoca era in latino; le parole di Dante sono letteralmente volgari, sono (pressappoco) quelle pronunciate dai berluschini del tempo…

A proposito del Sommo… torniamo un attimo a Merry Christmas. In una scena, Fabio Trivellone e suo figlio Matteo sono seduti insieme a un tavolo. Matteo spiega a suo padre di aver conosciuto una ragazza, e di doversi allontanare per poterla incontrare in un appuntamento. Questo Matteo è un personaggio molto timido, e mentre parla dell’imminente incontro ha un’aria sognante. Il padre, fedifrago impenitente, abbassa bruscamente il livello della conversazione, suggerendo al figlio infallibili tattiche sessuali per rimorchiare la ragazza. Be’, ci credete che una scena assai simile è avvenuta fra Dante e il poeta omonimo Dante da Maiano? Diciottenne, Dante incontrò per la seconda volta Beatrice: e rimase così turbato dalle emozioni provate, da sognarla quella notte stessa. Capite cosa intendo, vero? Ebbene, al risveglio, il futuro Sommo scrisse il sonetto A ciascun’alma presa, e lo inviò a parecchi trovatori del suo tempo. Alcuni gli risposero alquanto seriamente, come Guido Cavalcanti, altri, come appunto Dante da Maiano, sdrammatizzarono e gli consigliarono di immergere i testicoli in acqua fredda per calmare i bollenti spiriti:

[…]
se san ti truovi e fermo de la mente,
che lavi la tua coglia largamente,
a ciò che stinga e passi lo vapore.

Notate, stavolta, che i testicoli non hanno proprio questo nome…
Be’, lettori, non sembra anche a voi che Dante da Maiano si diverta alle spalle dello sbarbatello, prendendolo in giro proprio come fosse un Trivellone ante litteram?

Giacché ci ho preso gusto, e spero voi con me, sappiate che la lista di “grandi” che si divertivano in maniera poco ortodossa non è finita. Potrei continuare parlandovi del petofono con cui sembra si dilettasse l’imperatore Eliogabalo, e del canone in si bemolle intitolato Leccami il culo, composto da… Bello Figo, dite? Ma va’, da Mozart. Ehm, tuttavia credo che continuando su questa strada ci allontaneremmo troppo dal tema principale di questa nostra interessante conversazione.

Cine stultorum

Ci avviamo verso l’uscita, che ne dite? Sì, dai. Abbiamo imparato che i cinepanettoni, be’, di per sé non danneggiano nessuno. Anzi, se tanto mi dà tanto, credo che in passato sarebbero stati graditi da intellettuali di primo piano. Eppure, lo sento, per l’ennesima e ultima volta non siete del tutto soddisfatti. Vi frulla in testa che i cinepanettoni magari non sono dannosi per chi li guarda, tuttavia sono decisamente inutili. Non sarebbe meglio eliminarli, a favore di una comicità che induca lo spettatore a riflettere, oltre che a divertirsi?
Le vostre intenzioni sono nobili, ma la mia risposta è no. No, perché non siamo davvero certi che i cinepanettoni (e in generale i pezzi comici triviali, volgari e sboccati) non servano a nulla. Può darsi che non siano spiritualmente edificanti, tuttavia ciò non esclude che possano essere utili. Sull’argomento hanno discusso a lungo critici di rilievo, fra cui il russo Michail Bachtin, autore dello studio L’opera di Rabelais e la cultura popolare – Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale. Bachtin individua nella comicità volgare e “carnevalesca” dei medievali una vena satirica e trasgressiva nei confronti dei potenti e del potere costituito: in sostanza, attraverso la manifestazione dei propri istinti, il popolo polemizza con il repressivo sistema feudale. Possiamo dunque affermare che ridere sguaiatamente di gag a base di puzzette ed equivoci sessuali è un modo di manifestare insofferenza verso la società in cui ci troviamo? Uhm. A mio avviso è più probabile che non ci sia un “motivo” alla radice del bisogno di trivialità. Può darsi che sia un bisogno atavico irriducibile, come il bisogno di vivere (perché si vive? Per vivere, no?). Ci dimentichiamo troppo spesso di essere animali; senz’altro diversi dagli altri animali, ma pur sempre animali. In quest’ottica, la comicità “zozza” offre la possibilità soddisfare istinti primordiali, senza intaccare (troppo) il complesso sistema sociale e culturale che abbiamo evoluto proprio superando (o quantomeno sforzandoci di superare) gli impulsi animaleschi. Dunque, offrire saltuariamente all’uomo l’opportunità di lasciarsi andare può aiutare, paradossalmente, a mantenere l’ordine e il decoro di una società. Qualcosa di simile avevano intuito i chierici medievali: dopo aver a lungo tentato di censurare e sradicare i molti comportamenti indecorosi della plebe (e degli stessi ecclesiastici), decisero di istituire alcune feste che fungessero da “valvole di sfogo” e limitassero i danni. Fra queste v’era la festa dei suddiaconi, nota anche come “festa stultorum,” ovvero “dei folli”. Ebbene, durante la “celebrazione”, i giovani che si sottoponevano alla rigida disciplina ecclesiastica potevano prendersi un giorno di vacanza, danzando, banchettando, e… sfottendo i superiori. Ah, e tutto questo lo facevano non in discoteca, non in un pub, non a casa dell’amico ricco. Lo facevano all’interno dei sacri recinti. In chiesa, cioè. Le versioni regionali della festa dei folli non minava affatto la moralità, né il prestigio del clero: anzi, entrambe si rafforzavano, poiché il desiderio di trasgressione dei festaioli finiva per esaurirsi, e i “danni”, be’, restavano confinati nel nostro ormai caro play frame. Come un gioco di guerra dei bambini: nessuno si fa seriamente male (la maggior parte delle volte) e tutti si stancano soddisfatti.

Halp, pls!

Ora lettori, proviamo a ricapitolare ancora una volta, traendo (adesso sì) le conclusioni definitive: i cinepanettoni di per sé non fanno male, anzi potrebbero pure far bene alla nostra garbata società. Ma resta un fatto oggettivo da prendere in considerazione: le pellicole prodotte negli ultimi anni sono state un fiasco rispetto al successo che riscuotevano negli anni Novanta e nei primi anni Duemila. Curzio Maltese, nel suo articolo, aggiunge a quanto già scritto in proposito:

Comunque la si veda, una stagione è finita anche al cinema. Ed è finita soprattutto per i più giovani, che hanno disertato in massa l’appello di Natale di De Sica e compagni. Forse sono meno bamboccioni dei genitori.

Mah, lettori, il fatto che i cinepanettoni non riscuotano più successo ci dice semplicemente che… i cinepanettoni, proprio loro, non riscuotono più successo. Non possiamo dedurre, come fa Maltese, che i millennial sono diversi e “migliori” dei loro genitori. Anche perché, e chi bazzica sull’internet lo sa, i millennial hanno a loro disposizione un’immensa e instancabile fonte di idiozie trash sempre a portata di mano. Che, le liste di lettura de “Gli amici della domenica”? No, mi riferisco ai meme. Insomma, avete mai visto quelle vignette brutte, ciniche e violente con protagonista Dolan? Ed è solo uno dei tanti esempi. Ecco lettori, il concetto è questo: anni e anni fa, per poter vedere qualcosa di veramente volgare e ridicolo, bisognava aspettare Santo Stefano e andare al cinema. Oggi, invece, basta accendere il computer ed effettuare l’accesso a un qualsiasi social per vedere qualcuno che prende per i fondelli Niccolò Calvi, quel tipo strano che canticchia (male) Ricky Martin mentre disegna; ed è sufficiente avere un paio di giga disponibili sulla sim dello smartphone per gustarsi una “youtubepoop” piena di peti e bestemmie. Eh già, a chi servono più le gag recitate da Boldi e De Sica? Tanto più che certi contenuti sul web sono di gran lunga più estremi dei vari “me la ciula” e “delicatissimo”. “Pedobear”, qualcuno lo conosce? Ecco, è tutto detto.
Perciò lettori, vedete, Maltese dieci anni fa si rallegrava del declino del cinepanettone, convinto che fosse terminata un’epoca volgare e irrazionale. Peccato che il nostro articolista non abbia notato per tempo che proprio allora la volgarità dura e pura stava iniziando a muovere i suoi primi passi al di fuori del play frame. Sì, il cinepanettone ha dovuto cedere il posto a porcherie ben peggiori, tuttavia più “forti”, più adatte, da un punto di vista “darwiniano”: se i rutti di Er cipolla vent’anni fa erano confinati nello spazio del “gioco”, oggi bestialità e sconcezze varie sono parte integrante della realtà. Della realtà quotidiana. E forse questa nuova situazione destabilizza davvero l’ordine sociale.

E va bene lettori, salutiamoci. Probabilmente vi aspettate qualche ultimo strale contro i meme e le youtubepoop, o magari un invito a guardare al cinema il nuovo film con De Sica. Nah, che mi frega. I meme mi divertono, e pure per loro potrei fare un discorso simile a quello che avete letto. Per ciò che riguarda De Sica, non sono stata esplicita fin qui, però il mio consiglio è semplice: se vi diverte, se vi lascia qualche emozione positiva, guardatelo. Altrimenti no. Perché, ehi, c’è anche chi non si diverte con i cinepanettoni e le parolacce!
Solo, in qualunque modo decidiate di divertirvi questo Natale (e i cento che verranno), mi auguro che non proviate vergogna, pressati dalle filippiche della manica di intellettuali che ci ritroviamo tra le scatole un giorno sì e l’altro pure. Insomma, se la nostra intelligencija non si è vergognata del “Premio nazionale di divulgazione scientifica” affibbiato ai culi, ai cazzi e ai coglioni de Il genio non esiste (e a volte è un idiota), perché mai dovreste vergognarvi voi, per aver riso di un’innocente puzzetta?

Sara

Ciao! Sono la fondatrice del blog letterario "Il pesciolino d'argento", amo profondamente i libri, l'arte e la cultura in generale.

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