Óláfr Tryggvason – Carla Del Zotto

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IL GIUDIZIO:

Óláfr Tryggvason saggio di carla del zotto edito da graphe.it edizioni

Disse mia madre
che occorreva comprarmi
una nave veloce e bei remi,
andare via con i vichinghi,
in piedi sulla prua,
governare la preziosa nave,
fermarsi di porto in porto,
fare a pezzi un uomo o due.

O capitano! Mio capitano!

Che cos’è questa, la strofa di un nuovo astro nascente dello stile trap (o rap, o che so io)? Uhm, no cari lettori, vedete da voi che qualcosa non torna. Sì, la mamma che compra delle belle cosucce al figlioletto è nello stile gangsta dei nostri giorni, però quell’ultimo verso… Troppa, troppa violenza, e senza alcuna remora. Non fa per la nuova Età dell’oro che stiamo vivendo. Ma allora che cos’è? No, se abbiamo la fortuna di avere ancora i nonni, nemmeno loro sapranno illuminarci. Per capire questi versi dobbiamo tornare molto più indietro nel tempo, quando la preistoria se n’era andata da poco.

Come, direte voi, i cavernicoli scrivevano poesie… sui vichinghi? Che stranezza è questa? Calma, lettori. Non mi rimangio nulla, ho proprio parlato di preistoria. Ma ho dimenticato un aggettivo: la preistoria in questione è quella nordica. In quelle terre, infatti, la preistoria se l’è presa comoda: se la portò via il secolo VIII dopo Cristo, sostituendola appunto con l’età vichinga, età che sarebbe riduttivo definire “di transizione”. A questo punto scommetto che già eravate incuriositi dalla parola “vichinghi”, figuriamoci adesso, con queste premesse cronologiche davvero sconosciute ai più. Volete dunque imbarcarvi per fare razzia di nozioni affascinanti, finora da pochi godute? Salite a bordo, lettori! Ma sappiate che io vi mostrerò sommariamente la nave, il vostro capitano, quando avrete firmato, sarà Carla Del Zotto: e potete star certi che è un capitano con cui non si scherza, un capitano che potrebbe navigare a occhi chiusi!

Storia del Nord e dei suoi vichinghi

Ci imbarchiamo su una biografia, quella del “re vichingo, Apostolo della NorvegiaÓláfr Tryggvason. Già, pensateci, quanti vichinghi conoscete per nome? Ecco il motivo, hanno nomi duri, che assaltano i nostri timpani e mettono i ceppi alle nostre lingue. Dicevo: la nostra autrice, filologa di prim’ordine, ha scritto una biografia, sì, però sui generis. Non si tratta né di un racconto “dal principio alla fine” né di una lista comprendente vita, morte e miracoli, se non altro perché, come apprendiamo con una certa sorpresa…

Chi era Óláfr Tryggvason? Forse a ben guardare sappiamo davvero poco di lui […]

Óláfr Tryggvason, in realtà, è più simile a una guida turistica, solo che non ci aiuta a muoverci nello spazio: è una guida per muoversi nel tempo. Il re vichingo è parte della storia del Nord, ed è in fondo quest’ultima la vera protagonista del saggio. Già vi ho dato un’idea, parlandovi della preistoria scandinava, ma in Óláfr Tryggvason c’è molto altro. Diciamoci la verità, anche se non immaginiamo soltanto un elmo con le corna, coi vichinghi non abbiamo chissà quale famigliarità: ci è noto che erano violenti, che viaggiavano per mare, e negli ultimi tempi abbiamo sentito che hanno pure scoperto l’America, o qualcosa del genere. Con buona probabilità, Carla Del Zotto ha presente le nostre lacune, perciò si premura di spiegarci gli elementi necessari perché possiamo farci un quadro fondamentale coerente di quel Nord sprezzantemente definito da Mussolini (nella sua fase antigermanica) “analfabeta”.
I vichinghi, spiega la nostra autrice, non erano un’etnia, erano pirati, corsari: in questo senso era inteso il nome comune “vichinghi”, il quale etimologicamente deriva da “vík”, cioè “baia”. Se vogliamo una definizione, detto fatto:

[…] furono a un tempo mercanti e predoni, accompagnata sia da una spiccata vocazione per l’esplorazione sia da un’indole guerriera; pronti ad assoggettare altre genti, impadronirsi di tesori o occupare nuovi territori. Nondimeno, là ove si insediavano potevano assimilarsi velocemente agli usi e ai costumi della popolazione locale.

Cristallino, non è vero lettori? Questo è il tono del saggio, un rigore storiografico e filologico che evita il più possibile le divagazioni e le inutili volgarizzazioni. Dalla definizione che ho riportato, capiamo quindi che le nostre superficiali intuizioni sui vichinghi non sono poi così distanti dai fatti. Già dalle prime pagine di Óláfr Tryggvason leggiamo di saccheggi spietati e di audaci “raid”, in un caso anche sul suolo italiano. E brani autentici, di fonti che non andremmo mai a cercare per conto nostro, ci rivelano episodi brutali di uomini incredibilmente duri, uomini che guarderebbero con ghigno di disprezzo certe scene dei film horror più estremi.
A proposito, torniamo per un momento ai versi che ho riportato nella citazione iniziale: non sono dedicati a Óláfr, parlano del poeta (pensate un po’!) Egill, (anti)eroe islandese “dal carattere turbolento, [che a cinque anni uccise] con un colpo d’ascia il compagno […] più bravo nel gioco della palla”. Ebbene, direte voi, se non riguardano Óláfr, perché li ho riportati, e perché mi soffermo su di essi? Perché trovo che abbiano una insuperabile forza evocativa: sono l’immagine (soltanto udibile) che in maniera eccellente illustra e riassume la “lezione” di Carla del Zotto. Appunto, possiamo apprendere che partire per un raid era “un’esperienza [che] apparteneva […] alla formazione di un giovane” e possiamo rievocare nella nostra mente la scena, della madre che invita il figlio a “fare esperienza”. Devo anche dire, però, che questo di Egill è un esempio, tutto il saggio è costruito sulla bella alternanza di “spiegazione” e di “illustrazione testuale”, se così posso esprimermi.

Battesimo con l’ascia

Non fanno dunque eccezione i capitoli propriamente dedicati a Óláfr in persona: fonti storiche, nella stragrande maggioranza dei casi versi poetici, e puntuali precisazioni dell’autrice compiono il loro dovere, dandoci tutte le informazioni promesse. Sin dal principio del saggio sappiamo che Óláfr Tryggvason è una figura controversa, per alcuni un autentico missionario, per altri un “audace e temibile capo vichingo”. Le “lezioni storiche e sociologiche” (mi si passi l’espressione) che in buona parte fungono da premessa, ma che continuano a spuntare qua e là per tutto il libro, ci consentono di dar vita a una descrizione all’apparenza inerte come “temibile capo vichingo”: lettori, abbiamo capito in quale senso un vichingo è “temibile”. Con ciò, tuttavia, è ancora più arduo rendere viva l’altra descrizione. Già, un missionario… con l’ascia?
Carla Del Zotto riesce anche in quest’impresa, portandoci a una matura comprensione di come un vichingo possa essere un missionario. Sì, un missionario può benissimo brandire l’ascia, o almeno questo è ciò che sembrano aver pensato i contemporanei (e conterranei) di Óláfr Tryggvason. Se le fonti in qualche modo ostili al nostro eroe ritraggono il suo fervore religioso (cresciuto col tempo, dopo un’infanzia pagana, condita da vendette, da raid e da omicidi) con tinte inequivocabilmente brutali, la luce delle fonti “agiografiche” non rivela dei colori troppo gioiosi e brillanti. La Orkneyinga saga, riferisce la nostra autrice, così tratteggia Óláfr:

[apostrofò un capo delle isole Orcadi] dicendogli: «Voglio che tu riceva il battesimo insieme a tutta la tua gente, altrimenti morirai subito qui e io metterò a ferro e fuoco tutte le isole».

Accidenti, lettori, per noi che conosciamo Terminator non è difficile vagare un po’ con la fantasia e credere che le ossa di Óláfr Tryggvason fossero in realtà tubi metallici… La “Orkneyinga saga” è una delle fonti ostili, mentre la Fagrskinna è benevola nei confronti di Óláfr. Ha parole di lode, ad esempio descrive quanto fosse pia la nave (da guerra) di Óláfr, un enorme scafo con teste di drago dorate chiamata “il Lungo serpente”. E quanto era pio l’equipaggio, degli autentici cristiani imitatori di Cristo, “persone scelte[,] «[…], solo campioni, nessun codardo o uomo debole»”. A buon intenditor, poche parole.

Insomma, lettori, la parte decisamente biografica del saggio è non solo interessante per via dell’erudizione che consente di ottenere, è anche gustosa per il dinamismo delle vicende che riporta (vere alcune, forse, fantasiose la maggior parte). E dunque, a prescindere dalle preoccupazioni scientifiche sulla figura di Óláfr Tryggvason, preoccupazioni che molto probabilmente resteranno inquiete, come appunto avverte la nostra autrice, credo che si possono trovare inconsueti motivi per avvicinarsi al saggio: ad esempio, chi volesse scrivere un romanzo storico “d’azione” avrebbe un buon punto di partenza per le sue ricerche. Ma anche l’aspirante autore (ho detto di libri? Perché non di serie televisive?) di fantasy troverebbe in Óláfr Tryggvason delle buone dritte. Per fare un altro esempio, la fine del re vichingo (il cui dominio durò poco, circa cinque anni) è una di quelle che certamente appagano il pubblico. “Il Lungo serpente”, una gran battaglia navale, scudi dorati ed elmi minacciosi, strage, sangue, morti ovunque e Óláfr che si getta in mare con lo scudo alto sulla testa. Ma non lo vedete già nella vostra mente, lettori, questo bel finale? Ingaggiate Hans Zimmer per la colonna sonora et voilà, non solo riceverete l’Oscar, vi daranno anche il Nobel per aver trovato una cura ai pazienti che soffrono di adrenalina pigra. Più di così…

Il poeta è un uomo d’azione

Mi sono concentrata, è vero, sugli elementi che fanno di Óláfr Tryggvason una storia avvincente. Be’, perché una storia avvincente è una bella storia e io, come tutti, non so resistere a una bella storia. Ma non voglio concludere la recensione senza aver ribadito i meriti scientifici del saggio. Ve l’ho già detto, Carla Del Zotto non scade mai nel sensazionalismo, anzi è sempre rigorosa nella sua esposizione. E se ritorniamo allo spirito filosofico, mettendo da parte i desideri del pubblico più “popolare”, siamo sempre appagati dalla lettura, che ci regala l’oggetto del nostro amore, ossia la conoscenza.
Ho più volte parlato delle fonti: ebbene, riusciamo a entrare in contatto con una parte non proprio minima della poesia scaldica (“lo scaldo era il poeta di professione al seguito de re […] di cui celebrava imprese e virtù”) e ciò può indurci a riflettere su nuovi problemi, può suggerirci nuove osservazioni. Almeno, per me è stato così. Vi dirò, lettori, i temi dei componimenti e la loro complicata struttura formale mi erano praticamente sconosciuti, ma dopo aver colmato le mie lacune mi è sembrato quasi naturale fare un parallelo fra i popoli del Nord e gli arabi, altro popolo famoso per la durezza, per la ferocia in battaglia e per la poesia. A che cosa porti questo parallelo non so, è solo un’idea: però Óláfr Tryggvason almeno mi conferma che non è del tutto peregrina come osservazione, perché vichinghi e arabi non furono mai agli antipodi, anzi, prima di saccheggiare l’Occidente i vichinghi si addentrarono in Oriente, spargendo “torrenti di sangue”, come dicono i cronisti musulmani dell’epoca.

E se Óláfr Tryggvason può far venir voglia di addentrarsi su sentieri che portano lontano dal suo testo, come è successo a me, pure è capace di riportare “sulla retta via”. Carla Del Zotto propone anche minuziose discussioni onomastiche, che da un lato aiutano a capire meglio gli uomini di quei tempi remoti (basti pensare a certi soprannomi, come “Bellachioma”, “Barba-pidocchiosa”, “Ascia-di-sangue”…) e dall’altro correggono certi pregiudizi. Uno su tutti riguarda Haraldr “Denteblù”: sì, anch’io lo conoscevo con tale soprannome, che è anche all’origine del “bluetooth”, ma a quanto pare è “una traduzione errata [perché] cromaticamente l’aggettivo antico nordico blá indica un colore scuro [e] nella letteratura norrena […] bláland traduce “Africa””. Ecco, solamente per questo, Óláfr Tryggvason e il suo poderoso apparato di note valgono la (minima) fatica della lettura.

Temo di aver terminato il brevissimo tour illustrativo della “nave” che vi può condurre attraverso la storia, verso lidi selvaggi e avventurosi. Che cosa ne pensate, lettori, è un buon affare firmare e imbarcarsi su Óláfr Tryggvason? Se firmerete, marin… lettori, io mi auguro che il vostro sia un viaggio emozionante. Che poi, è lo stesso che augurare a voi di fare una buona lettura!

Sara

Ciao! Sono la fondatrice del blog letterario "Il pesciolino d'argento", amo profondamente i libri, l'arte e la cultura in generale.

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