L’arte di fare il cattivo – Carlo Lapucci
Nella nostra tradizione l’Orco esiste per essere vinto: l’educazione alla vita consiste non nell’evitare la paura, ma nel dominarla e vincerla.
Orchi & Co.
Chi non ha amato le fiabe da piccolo, e non si è addormentato al narrare di quelle, sognando di muoversi in boschi fatati e palazzi incantati?
Io faccio parte di quella percentuale di adulti che, sentendo pronunciare il famoso “c’era una volta”, si ferma ogni volta ad ascoltare, dimenticando di aver varcato il limite della maggiore età.
Per questo motivo non potevo farmi sfuggire il nuovo saggio di Carlo Lapucci, L’arte di fare il cattivo, incentrato sulla figura malvagia per eccellenza delle fiabe: l’Orco.
Cresci, se hai paura
Se si pensa all’Orco, si pensa a un omone, brusco e malvagio, che non esita a cibarsi di carne umana, ma anche un po’ sciocco. In realtà, come ci spiega l’autore, in questa figura confluiscono suggestioni e paure antiche quanto l’uomo stesso: l’Orco è la personificazione della Morte, del Diavolo, dell’aberrazione umana, di tutto ciò che non solo il bambino, ma anche l’adulto teme e rifugge.
Carlo Lapucci spiega con perizia come i personaggi negativi non siano semplicemente degli escamotage per spaventare i bambini e renderli obbedienti, e dimostra come siano invece parte fondamentale della crescita. Un saggio che non si limita quindi ad analizzare il mutevole personaggio del cattivo delle fiabe, ma si spinge ad analizzarne la funzione pedagogica.
Genealogia dell’Orco
Ma non solo, viene studiata anche l’evoluzione nei secoli dell’antagonista fiabesco: soprattutto quelli della mia generazione, difficilmente avranno letto la parola “Orco” senza pensare al famoso film d’animazione Shrek, cartone che ha fatto della parodia delle fiabe il suo cavallo di battaglia.
Cosa succede dunque quando l’Orco, il cattivo per eccellenza, viene ridicolizzato e non è più utile a esorcizzare, affrontare e superare la paura? Se in passato si temeva il buio e l’ignoto, di cosa si ha paura oggi? In conclusione, il Male, nei nostri tempi, in quali forme si presenta?
A queste domande Carlo Lapucci dà brillanti e argute risposte nel suo nuovo breve ma densissimo saggio, facendoci intendere, una volta per tutte, che le fiabe non sono appannaggio dei piccini. Irrinunciabile.
Buona lettura!