La vita intima – Niccolò Ammaniti

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IL GIUDIZIO:

la vita intima romanzo di niccolò ammaniti edito da einaudi

[…] è un vaso vuoto riempito di nulla, un mezzuccio patetico per guadagnare consenso.

Suspense a sorpresa

È il 2005, e sono in viaggio. Direzione: casa dei nonni; ben tre ore di autostrada. Nonostante sia sera, l’afa toglie il respiro. Una sosta all’autogrill. Ho dieci anni, e mi sto annoiando a morte. Do un’occhiata all’angolo delle proposte narrative: Harmony, polizieschi, Danielle Steel… e poi, vicino a Tre metri sopra il cielo, c’è questo romanzo qui, Ti prendo e ti porto via. Penso che sia un rosa, dopotutto il titolo sembra proprio quel tipo di frase che un innamorato rivolgerebbe alla sua ragazza… e sì, diciamolo, è anche quel tipo di frase che vorrei qualcuno rivolgesse a me, ragazzina insicura e malinconica, in età prepuberale. Mi giro verso i miei genitori, mi assicuro che non abbiano ancora pagato, indosso la mia miglior espressione supplicante, e li raggiungo.

Fast forward, 2023. Da prima ancora che cominciasse l’anno nuovo, non si fa che parlare del nuovo libro di Niccolò Ammaniti. Qualcuno dice che di certo sarà candidato al Premio Strega, e addirittura che lo vincerà, qualcun altro, più semplicemente, assicura che è il romanzo dell’anno. Insomma, è più pompato di un concorrente di Mister Olympia, porca miseria. E non ne capisco la ragione. Ho già letto un romanzo di Ammaniti in passato, e… mah. Sì, va bene, avevo solo dieci anni e l’avevo preso per un chick-lit… però “mah” lo stesso. Il ricordo che conservo è di un libro pulp ma inconsistente, superficiale, tutto teso a impressionare il lettore per distrarlo dall’assenza di sostanza.

Però… eh… è anche vero che da allora sono trascorsi diciassette anni. Ed è anche vero che non si può ignorare “il libro dell’anno”. Così nei giorni scorsi ho messo da parte tutti i pregiudizi, mi sono procurata La vita intima, e l’ho letto. E mentre lo leggevo… meh, sapete che non mi è sembrato affatto male? Prima di spiegarvi il perché, però, lasciate che vi presenti almeno a grandi linee la trama…

Maria Cristina Palma, la protagonista della nostra storia, non è una donna qualunque. Il suo volto e il suo corpo hanno proporzioni pressoché perfette, che le sono valse il titolo di donna più bella del mondo. E non è tutto: Maria Cristina è anche la moglie di uno degli uomini più importanti d’Italia, il presidente del Consiglio Domenico Mascagni. Tutto ciò le conferisce una posizione sociale da privilegiata: Maria Cristina ha fama, ha follower, ha denaro, ha una scorta che la sorveglia giorno e notte e che le garantisce la massima sicurezza. Sì, però… Maria Cristina non si trova granché a suo agio in questo ruolo. Dopotutto, è un ruolo che non si è scelta, ma che le è stato affibbiato: la nostra non si interessa affatto di politica, inoltre non ama mettersi in mostra. Quando dunque Mariella Reitner, un’importante giornalista, le propone di farsi intervistare in diretta televisiva nel suo programma, Maria Cristina va in crisi. La sola idea la terrorizza, eppure le circostanze la costringono ad accettare l’offerta. In attesa che arrivi il giorno in cui andrà in televisione, la vita della nostra viene ulteriormente sconvolta da una serie di eventi. Infatti incontra per caso Nicola Sarti, un uomo conosciuto molti anni fa, durante una vacanza in barca, e con cui è stata fidanzata per un breve periodo, che le manda su Whatsapp un video di un rapporto intimo fra loro due, registrato ai tempi della loro relazione.

Maria Cristina ne rimane scioccata, quasi non si riconosce in quella giovane versione di sé stessa che si diverte a essere ripresa mentre fa l’amore. Oltretutto, inizia a temere che Nicola voglia usare quel video per ricattare lei o addirittura il presidente.
Benché Nicola assicuri che le ha inviato il video soltanto per nostalgia dei bei tempi andati, Maria Cristina continua ad alimentare le sue paure e ossessioni immaginandosi svergognata di fronte al marito, alla figlia, all’Italia e al mondo intero. Soltanto dopo l’intervista, scoprirà tutta la verità su Nicola e su quanto le è successo…

Bene lettori, ora che conoscete la trama, potete già indovinare uno dei motivi per cui la lettura de La vita intima mi ha appassionato: la suspense.

E ciò è sorprendente, considerando che il romanzo non è né un thriller né un hard boiled, ma soltanto un libro che narra della quotidianità di una donna impacciata e ansiosa, che rifugge costantemente le situazioni ad alto rischio. Come riesce Ammaniti a rendere adrenalinica ed emozionante l’esistenza di una donna simile? Eh, eh… la chiave di tutto sta in quel “ansiosa”.

Chi soffre d’ansia (e io ne so qualcosa) tende a ingigantire i problemi, a immaginarsi scenari catastrofici, a subodorare complotti, a scovare prove di presunti inganni… senza che ci sia un valido motivo.
La conseguenza è che la vita mentale di una persona ansiosa è davvero una specie di hard boiled: contrattempi, inganni, agguati sono per persone come Maria Cristina sempre all’orizzonte.

Ne La vita intima dunque eventi frivoli e di scarsa rilevanza, come appunto l’intervista in diretta televisiva, vengono percepiti come catastrofi imminenti, che non devono cogliere impreparati. E capite bene che se l’intera trama è costruita intorno alla cruciale intervista, allora respireremo costantemente la tensione adrenalinica in cui è immersa la nostra ansiosa protagonista.

Potremmo quasi azzardare un accostamento fra la tensione de La vita intima e quella de Il deserto dei Tartari: non ha alcuna importanza se davvero l’evento o lo scenario temuto si verificheranno, e non ha alcuna importanza la natura di questo evento; quel che conta è il modo in cui l’evento è percepito dai personaggi. E Maria Cristina percepisce l’intervista è quasi come un uomo percepirebbe una chiamata alle armi…

[Parla Nicola] […] Non oso immaginare quando andrai in tv. Quando hai l’intervista?
– Dopodomani –. Maria Cristina tira un respirone. – Non mi ci far pensare. Mi tremano le gambe.

Maria Cristina si dibatte sul letto come una ricciola presa a traina.
E per finire, domani pomeriggio hai l’intervista con la Reitner. E sei un cesso. Non hai pensato a che dire, non hai letto il memorandum, non ti sei fatta una maschera, non hai provato il vestito.

[…] [Nicola] cambia argomento: – Sei pronta? È domani l’intervista, giusto?
– Già. Domani pomeriggio.
– Tranquilla?
Maria Cristina gli confessa che il destino del governo sembra appeso alla sua apparizione televisiva. – Se vince la destra sai di chi è la colpa.

[…] [Maria Cristina] si guarda allo specchio. Il teschio è teso sotto la pelle tirata del volto. Gli occhi schizzano fuori dalle orbite buie incorniciate dalle occhiaie. Le labbra rinsecchite, il collo avvizzito, i capelli indomabili. […] Non deve fare l’intervista. Deve trovare una scusa.

Proprio come un soldato che deve partire al fronte, Maria Cristina sente che il giorno del temuto evento deve presentarsi al massimo della sua prestanza fisica, altrimenti non sarà abbastanza “forte” per superare la sfida.

La magia dell’empatia

Sì, ma… forse vi starete domandando per quale ragione tutto ciò non suoni ridicolo alle nostre orecchie, nel corso della lettura. Perché ammettiamolo: è ridicolo che una persona vada nel panico per una banale comparsa in televisione. Anzi, diciamola proprio tutta: è irritante. Oh, dico io, con tutti i veri problemi che ci sono al mondo, perché mai dovremmo provare pietà per un personaggio che deve affrontare una sfida insignificante?

Be’ lettori… questa è la magia dell’empatia, che fa sì che i problemi degli altri diventino i nostri. Ora, sappiamo già per esperienza che non tutti i personaggi letterari suscitano la nostra empatia, e che anzi molti di loro sono destinati a risultarci odiosi. Perché invece riusciamo a empatizzare con Maria Cristina?
Per lo stesso motivo per cui empatizziamo con Nica di Fabbricante di lacrime o con il bambino che vediamo bullizzato dai suoi compagni di classe: un ingiusto basso status.

Nella fattispecie, come già detto, Maria Cristina dovrebbe godere di uno status elevato, poiché bella e ricca in maniera straordinaria. Ma Maria Cristina è una specie di Richie Rich: baciata dalla fortuna e allo stesso tempo desolatamente sola e infelice.
Affinché l’empatia fra noi e la protagonista scocchi al primo sguardo, Ammaniti si premura di sottolineare fin dall’inizio l’ostilità che circonda Maria Cristina, e… eh, bada perfino a prevenire la nostra antipatia. Ecco, prendete ad esempio questo brano, in cui si racconta che cosa succede alla protagonista dopo essere stata eletta la donna più bella del mondo…

In poco tempo, però, la gioia per la vittoria si è trasformata in un incubo per la nostra protagonista. Per mesi ha dovuto barricarsi nella casa di campagna, assediata dai giornalisti, accerchiata dai fan, richiesta da trasmissioni di ogni genere, inseguita dagli agenti cinematografici e derisa, insultata e disprezzata dagli odiatori. Qualsiasi immagine la ritraesse era pubblicata: quando saltava con l’asta agli europei juniores di atletica, quando calcava le passerelle a Parigi, quando l’avevano estratta dall’auto in fiamme in cui era morto il suo primo marito.
I partiti di destra subito, poi gli alleati di governo seccati dall’improvvisa luce accesa sulla coppia, hanno accusato Domenico Mascagni di usare la moglie come un candelabro dorato messo a nascondere la sua modesta caratura politica. Questa ostentazione è un insulto alle donne brutte, alle donne che lavorano, a quelle affette da patologie. Maria Cristina Palma è un vaso vuoto riempito di nulla, un mezzuccio patetico per guadagnare consenso.

Lettori, questo è davvero un modo furbo per indurre all’empatia. Consideriamo infatti tutte le informazioni che ci fornisce il brano. Sappiamo che Maria Cristina, in quanto donna più bella del mondo, ha ricevuto un’inaspettata ondata di attenzioni e di popolarità, che non è riuscita a gestire. Fin qui, la situazione non ci sembra affatto drastica, anzi, ci sembra di avere a che fare con l’ennesimo personaggio viziato che si lamenta del nulla. Poi però l’autore utilizza una serie di verbi molto interessanti per descrivere questa ondata di attenzioni. Leggiamo che la nostra è stata “assediata”, “accerchiata”, “richiesta”, “inseguita”, e ancora “derisa”, “insultata” e “disprezzata”. E be’, be’! Questi sono tutti termini violenti. Prendete i primi quattro: non vi fanno pensare a una battuta di caccia? O alla presa di una roccaforte? Insomma, questa sequenza di parole ci suggerisce una versione nuova dei fatti: Maria Cristina non trae alcun vantaggio dalla popolarità acquisita, che al contrario la espone alla brama e alle manie di possesso di chiunque. E già qui iniziamo a guardare Maria Cristina sotto una luce nuova: possibile che in realtà sia una donna che soffre molto, anziché una lagnosa?

Proseguiamo, e leggiamo che oltretutto la protagonista è stata “derisa”, “insultata”, “disprezzata”. A questo punto non abbiamo più alcun dubbio: Maria Cristina non ha uno status così elevato come credevamo, perciò si merita una scintilla della nostra simpatia. Scintilla, che fa presto a divampare quando leggiamo che “qualsiasi immagine la ritraesse era pubblicata”, compresa quella scattata “quando l’avevano estratta dall’auto in fiamme in cui era morto il suo primo marito”. Con un paio di frasi, Ammaniti in un colpo solo ci dice che la protagonista ha un passato doloroso alle spalle, e che è circondata da individui che non hanno alcuna pietà nei suoi confronti; in breve, ci convince che Maria Cristina è una disgraziata, e pure maltrattata. E per essere del tutto sicuro che non ci venga in mente di rivolgere alcun tipo di recriminazione alla protagonista, Ammaniti attribuisce a indefiniti personaggi “seccati dall’improvvisa luce accesa sulla coppia” (un po’ rosiconi, insomma) tutti quei pensieri che potrebbero venire legittimamente a noi, ovvero: raccontare delle paranoie di una donna bellissima e ricchissima “è un insulto alle donne brutte, alle donne che lavorano, a quelle affette da patologie”, e non è interessante concentrarsi così tanto su un personaggio che di fatto “è un vaso vuoto riempito di nulla”. E siccome nessuno di noi vuol passare per rosicone… be’, siamo proprio costretti ad “arrenderci”, e ad amare Maria Cristina.

Anche perché, in tutta sincerità, è abbastanza difficile nutrire antipatia per lei. Infatti, in genere, ci ispira antipatia chi percepiamo come una minaccia, che sia un collega lecchino (e che quindi, pur non avendo alcun merito, potrebbe scalzarci nella gerarchia presente nell’ambiente lavorativo) o una persona che fa troppo la piaciona con il nostro partner (e che potrebbe perciò portarcelo via). Ora, Maria Cristina è fra i personaggi più inoffensivi che possiate incontrare. Non che sia troppo buona, no… è solo che è incredibilmente inetta, paurosa, del tutto incapace di gestire gli eventi, da cui si lascia sopraffare. Considerate ad esempio questo episodio, che avviene nella prima metà del libro. Per dissuadere la Reitner dal chiederle un’intervista, Maria Cristina escogita un piano: la invita in un centro di massaggi thailandese e la sottopone a un trattamento estremo e parecchio doloroso, sperando che ciò basti a convincere la giornalista a rinunciare a tutti i suoi progetti. Ma poi…

[Parla Maria Cristina] – I massaggi thai sono così. Energici. Fa male, ma poi vedrai come ti senti.
– Come una merda, – sbotta la giornalista e caccia un urlo. – La T4 e la T5, oddio, lì dove mi hanno operato. Oddio! AHHHHH!!!
Bussaba [la massaggiatrice che si sta occupando della Reitner] si è issata sul lettino, e reggendosi a delle funi che calano dal soffitto, fa il passo dell’oca sulla schiena della Reitner […].
Maria Cristina si alza e afferra la massaggiatrice per le caviglie. – Scendi! Scendi giù! Le stai facendo male!
– Aiuto… Aiuto… Aiuto… – ripete Mariella. – Basta! Basta!
[…] – Ti prego, scendi, – la implora Maria Cristina.
Bussaba salta a talloni uniti su una chiappa della Reitner, che oramai non reagisce più, pare svenuta. – No. Trattamento non è terminato.
– Ho detto scendi! – le intima Maria Cristina. – Adesso basta, Bussaba. SCENDI!
La spietata, offesa, balza giù dal lettino e scompare. Maria Cristina e l’altra massaggiatrice trascinano a peso morto la Reitner nella zona relax, e lì l’adagiano […].
– Vuoi che chiami un medico? – le domanda Maria Cristina, spruzzando un po’ di Evian sul volto. […] – Mi dispiace da morire. Cosa posso fare?
– Nulla. Ora mi riprendo. […] Ascoltami. Ti prometto un’intervista di cui non ti pentirai. […] Che dici?
E ora come fa a risponderle di no?

Vedete? Maria Cristina tenta di adottare una strategia, tenta di dare una direzione agli eventi, di prendere in mano la situazione. Ma non ci riesce: anziché godersi le smorfie di dolore della giornalista, empatizza con lei, entra nel panico, e manda all’aria tutti i piani. In breve, Maria Cristina si sforza di fare la dura, di ricoprire il ruolo di quella che ha tutto sotto controllo… ma basta poco affinché la maschera le scivoli giù dal volto, svelando l’espressione sgomenta di chi teme di averla fatta grossa.

Il tentativo, puntualmente fallimentare, della protagonista di esercitare controllo sulla sua vita si rivela attraverso molti altri episodi. In quest’altro brano Maria Cristina prova a fare la brillante in una conversazione, ma…

Nicola Sarti passa dietro al bancone, accende una lampada e con un tono da barman la saluta. – Signora Palma, benvenuta all’Hotel Piccola Britannia, siamo onorati della sua presenza, cosa possiamo offrirle? – Si gira verso le bottiglie sporche, all’interno ci sono solo fondi e incrostazioni. – Posso avvelenarla? Potrebbe urlare, contorcersi e morire senza che nessuno se ne accorga.
Maria Cristina lo fissa perplessa, non capisce se sta scherzando. – Lei chi è? Il barista di… – Vorrebbe dire di Shining, ma non le viene e si arrangia con: – … di un film horror?

Lettori, ormai mi conoscete, e sapete bene che in un romanzo apprezzo forse più di ogni altra cosa l’attenzione per i dettagli. In questo caso, il dettaglio della piccola défaillance di Maria Cristina dice moltissimo sulla sua personalità: la nostra è allarmata dalle parole scherzose di Nicola, ma cerca di non darlo a vedere (perché sa che altrimenti farebbe la figura della sciocca) e allora rilancia con una battuta. Ma ormai è troppo tardi: la paura l’ha già istupidita, e al posto della battuta sagace le esce un mucchio di parole senza senso. Dall’inserimento di un dettaglio ben studiato, Ammaniti ribadisce che la sua protagonista è continuamente ostaggio della sua stessa ansia. E per quanto Maria Cristina cerchi di liberarsene, di riacquisire il possesso di sé, l’ansia torna puntualmente a bussare alla sua porta… come quando Maria Cristina decide di dare un taglio drastico ai suoi capelli per dare una svolta alla sua vita, per poi trovarsi di fronte allo specchio, preoccupata che il suo nuovo look la faccia sembrare più vecchia:

Maria Cristina l’ascolta appena, sta cercando di convincersi che non ha fatto una stronzata a tingersi di biondo. Non sembrerà più vecchia? Come la prenderanno in rete?

Capite adesso perché sentiamo vicina Maria Cristina, pur con tutti i suoi straordinari privilegi? Ammaniti ha proiettato su questo personaggio la parte più fragile di molti di noi, quella spaventata dagli eventi, quella che teme di non riuscire a farcela, quella che si prende la testa fra le mani e prega di aver preso la decisione giusta. Anche se le cose di cui si preoccupa Maria Cristina sono spesso frivolezze, rimane il fatto che in lei una larga fetta di lettori può scorgere il proprio riflesso.

Ammaniti attua cioè una vera e propria strategia di persuasione per convincerci ad affezionarci alla sua protagonista. Ma l’autore, che è bello furbo, sta ben attento a non tirare troppo la corda. Infatti, è un attimo che uno scrittore, nel tentativo di farci stare simpatico un certo personaggio a tutti i costi, lo renda invece terribilmente odioso ai nostri occhi. D’altronde, proviamo un’istintiva commiserazione per chi soffre, ma proviamo anche un’istintiva ammirazione per chi riesce a migliorarsi e a migliorare la propria situazione; di conseguenza, un personaggio sempre sofferente, e che non fa mai niente per cambiare la triste condizione in cui versa… eh, diciamocelo lettori, ci fa venir voglia di prenderlo a schiaffi, non è così?

Forse consapevole di questo, Ammaniti ci accontenta. Sì, “prende a schiaffi” la sua eroina. Come, chiedete? Be’… facendosi beffa di lei, calandola in situazioni comiche che la ridicolizzano. Succede appunto che Maria Cristina si trovi a penzolare a testa in giù nel camino, o che corra nuda e in preda al panico (tanto per cambiare, eh?) di fronte agli uomini della scorta:

La moglie del premier è appesa a una corda a testa in giù, braccia tese, la torcia elettrica tra i denti, che cala nella canna fumaria. […]
– Come va? Tutto bene? – La voce di Luciano [amico di Maria Cristina] le arriva da un mondo lontano.
Se risponde le cade la torcia, quindi mugugna un no mentre la corda le sega le caviglie.

Con uno slancio Maria Cristina si precipita fuori dal bagno, sbatte la spalla contro lo stipite della porta, un piede bagnato slitta sul cotto, riesce a non cadere ma il telo finisce a terra, nuda lo afferra, supera il corridoio con la stessa energia di quando faceva atletica, attraversa il salotto come un ghepardo, taglia per l’ingresso e si trova davanti i ragazzi della scorta, non prova nemmeno a coprirsi mentre quelli fanno partire un applauso.

Divagazione enigmatica

Oltre alla struttura adrenalinica e all’amabile protagonista, c’è un altro particolare che rende appassionante la lettura de La vita intima: Ammaniti non dà mai per scontata la nostra attenzione. Si preoccupa infatti di riattizzarla continuamente, attraverso… le divagazioni.
Sì, proprio così, le divagazioni.
Sembra strano, vero? In genere le divagazioni distraggono, annoiano… come possono attirare l’attenzione?
Meh… diciamo così: tutto dipende dal tipo di divagazione e dal punto in cui è inserita. Ecco, badate a questi stralci…

Charles Darwin, il grande naturalista inglese, nei suoi appunti schizzò un albero genealogico per chiarirsi i rapporti fra le specie animali che popolano la Terra. In cima, sul ramo più alto, si ergono in tutta la loro arroganza gli esseri umani. […] Al di sotto del tronco, tra le radici che affondano nei primordi della vita, si trovano le spugne. Queste creature marine […] passano il tempo a filtrare l’acqua in cerca di nutrienti e ossigeno. […]
Ecco, Maria Cristina [qui partecipa a una festa], ancorata a una poltrona di velluto scarlatto, è ruzzolata giù per la scala evolutiva […] e si è trasformata in una spugna pregna di alcol.

Per ognuno di noi esiste nella vita un momento preciso e irripetibile che dura settimane, a volte giorni, in cui offriamo al meglio la nostra bellezza al mondo. Capita a tutti, perfino ai più disgraziati, ai disarmonici, ai deformi, a Efialte di Trachis e al gobbo di Notre-Dame. Ci svegliamo una mattina e siamo belli. […] E proprio stasera la sottosegretaria alla Pubblica amministrazione [probabile amante di Domenico] per un capriccio del fato è in questo stato di grazia.

Il nostro organismo non tollera intrusioni. Quando una spina, una scheggia, la mandibola di una zecca penetrano l’epidermide, il nostro sistema immunitario le riconosce come estranee e le attacca per eliminarle, se non ci riesce, ci crea intorno una barriera fibrosa, una cisti, per isolarle e proteggerci. Anche le chele del professor M. con il tempo sono state incapsulate e rese inoffensive, relegate a una brutta esperienza giovanile a cui Maria Cristina pensa raramente […].

Scommetto che adesso vi è molto più chiaro ciò che intendevo dire. Le divagazioni inserite da Ammaniti spesso non hanno nulla a che fare con la trama. Sono così strane, fuori contesto e inaspettate che… be’, suscitano curiosità. Di fatti, non riusciamo proprio a immaginare che correlazione ci sia fra Maria Cristina, la festa a cui sta partecipando e le spugne; siamo perciò di fronte a una specie di enigma, di cui solo l’autore può offrire la soluzione.

Sì, so bene che come enigma è piuttosto… uhm, scemotto. Ma cosa possiamo farci, il nostro cervello funziona così, ha l’impulso di colmare i vuoti di informazioni, anche per questioni di scarsa importanza.
Eccoci dunque che in un lampo divoriamo le righe delle divagazioni, per scoprire che cosa hanno in comune Maria Cristina e le spugne. Se non ci fosse stata questo tipo di divagazione, avremmo continuato a leggere con un ritmo disteso, forse un po’ annoiato (oh, dopotutto si tratta di una festa fra spocchiosi riccastri, perché dovrebbe interessarci?); mentre, inserendo al posto giusto la divagazione, Ammaniti ci instilla una nuova urgenza, che spinge a leggere con voracità frasi, righe, pagine.

E poi, come già anticipato, ovviamente ha notevole importanza il punto in cui l’autore inserisce le divagazioni. Ammaniti spesso le inserisce a mo’ di cuscinetto, per aumentare la suspense. Un esempio? Sì, dai. Dopo aver ricevuto il video pornografico, Maria Cristina per qualche giorno evita Nicola, ma poi decide d’impulso di riprendere i contatti. Arrivati a questo punto, siamo in trepida attesa di conoscere la reazione di Nicola. Ammaniti lo sa bene e… sceglie allora di farci tribolare un po’, rifilandoci una lunga e dettagliata descrizione paesaggistica:

L’auto, superato Montalto di Castro, esce dall’Aurelia e imbocca la provinciale che taglia una piana di campi sbiaditi […]. La proprietà si estende tra boschi secolari e guglie che si affacciano su canyon in cui d’inverno, quando ancora pioveva, scorrevano torrenti impetuosi. Resiste un laghetto, dove tra le canne si riproducono i rari tritoni dorati e una comunità di nutrie. Oltre i pascoli, i campi sono coltivati a frumento, girasole e orzo a seconda delle annate, e un uliveto di quasi mille piante cresce sul fianco di una collina accanto alle vigne che producevano Morellino, Cabernet Sauvignon e Vermentino. Quando Maria Cristina ha preso in mano l’azienda la situazione era già critica per via di annate infelici […].

Inserire una descrizione in questo punto è una mossa davvero furba. In tal maniera, Ammaniti aumenta la suspense, e allo stesso tempo riesce a introdurre una lunga descrizione senza correre il rischio di annoiarci, giacché siamo vigili, in attesa della risposta di Nicola.

La vita… “intima”?

In conclusione, Ammaniti mette in pratica una serie di raffinate e intelligenti tecniche narrative, che fanno sì che La vita intima si legga tutto d’un fiato.
Però, però… io non mi sento affatto soddisfatta. Anzi. E vi dirò di più, mi sembra di vivere un déjà vu, di essermi già sentita insoddisfatta in questo modo. Ma quando… e perché?

Uhm, uhm…

A-ha, ci sono! Mi sento insoddisfatta proprio come quando ho letto l’ultima volta un libro di Ammaniti: allo stesso modo di Ti prendo e ti porto via, La vita intima mi pare un romanzo… sì, carino, ma estremamente superficiale.
Ma adesso, con diciassette anni in più di esperienza (ehi, forse è vero che invecchiare ha i suoi vantaggi!), so dirvi esattamente il motivo.

Direi innanzitutto di considerare che cosa voleva comunicare Ammaniti con questo romanzo. Il titolo ci dà un grosso aiuto: La vita intima si propone di rappresentare l’interiorità della protagonista, famosa per la sua bellezza e per il suo ruolo istituzionale, ma i cui desideri e timori sono sconosciuti ai più. D’altronde, in un’intervista, Ammaniti dice apertamente che il suo obiettivo era “raccontare questa donna e di dare più spazio a una figura molto ben definita dal suo contenitore, cercando di vedere però quali fossero i suoi pensieri più intimi”.

Insomma, Ammaniti probabilmente desiderava emulare Flaubert, Tolstoj e Clarín, raccontando la travagliata e inconfessabile intimità di una donna da tutti conosciuta come “la moglie di”. La vita intima dovrebbe perciò essere un romanzo in cui si dà largo spazio all’introspezione e alla psicologia dei personaggi.
Sì, bello, non fosse altro che… la capacità introspettiva di Ammaniti è un disastro.

Vi ricordate di quando nel riassunto della trama vi ho detto che Maria Cristina quasi non si riconosce mentre guarda il video pornografico che le ha mandato Nicola? Ecco, non sono stata del tutto sincera… perché Maria Cristina non si riconosce affatto. Letteralmente. Lei guarda il video, e non solo non ricorda di avervi mai preso parte, ma addirittura non crede possibile che lei, proprio lei, abbia mai potuto prendervi parte. Leggete…

Quella è proprio lei. Non ci sono dubbi. Ma per la miseria, non ricorda di aver girato un porno? Un’amnesia? Possibile? […] conoscendosi, pudica com’è, non si sarebbe mai lasciata riprendere. Non è da lei, non è mai stata un’esibizionista.

È possibile che quella lì sia proprio lei? Ma com’è che a vent’anni faceva i filmini porno? È lei quella che rideva come una cretina e guardava sfrontata l’obiettivo mentre…? O è un suo doppio tornato dal passato per annientarla e trascinarla nel fango con la sua famiglia e l’Italia intera?

Ora lettori, che Maria Cristina sia sbigottita nel vedersi protagonista di un porno è una faccenda davvero interessante. Sì, perché se è normale che Maria Cristina non ricordi un ragazzata, non è invece normale che non si reputi capace di quella ragazzata.

Per intenderci, se dovessero domandarmi che cosa stavo facendo alle sette di sera del quindici febbraio del 2012, sarei costretta a fare spallucce. Se poi qualcuno mi dicesse che stavo studiando o leggendo un romanzo, continuerei a non ricordare nulla di quel giorno, però di sicuro non sarei sorpresa dalla rivelazione: studiare e leggere sono effettivamente attività che amo e che hanno sempre fatto parte della mia vita quotidiana; è di certo possibile che quel giorno stessi facendo una delle due cose. In breve, mi riconoscerei nel racconto, e non si creerebbe nessuna frattura fra me e la percezione che ho di me stessa.

Al contrario, Maria Cristina non si riconosce. Guarda il video, e non riesce a percepire continuità fra lei e la giovane sé stessa. Si crea dunque una frattura, uno shock emotivo molto simile a quello subito da Vitangelo Moscarda in Uno, nessuno e centomila. Shock, che dovrebbe spingere la nostra protagonista a domandarsi chi è la vera Maria Cristina, se la posata moglie del premier o la disinvolta ragazza del video.

Così, in una trama sensata, la protagonista avrebbe dovuto mettersi alla ricerca della vera sé stessa, scoprendo magari che ama indossare abiti diversi da quelli che le inviano le grandi marche; che gradisce altre pietanze rispetto a quelli che usa consumare; che adora la compagnia di persone che normalmente avrebbe evitato… e, magari, che l’ansia di cui soffre nasce dal simulare una personalità che in realtà non è la sua.
Tuttavia, non leggeremo nulla di tutto questo. Maria Cristina non si riconosce, ma non si interroga più di tanto su quale sia la sua vera natura. La sua unica preoccupazione è impedire a Nicola di rendere quel video di dominio pubblico.
Capite bene che è una scelta narrativa senza senso. Se Ammaniti desiderava semplicemente raccontare di una donna paranoica che vuole insabbiare il suo passato, perché specificare che quella donna non si riconosce nella giovane sé stessa? Questo è un tema psicologico importante, che, una volta introdotto, necessita di essere approfondito; non può essere menzionato e poi abbandonato come fa invece l’autore.

Va be’, lasciamo perdere e andiamo avanti, ché immagino vogliate sapere cosa ha indotto Maria Cristina a tramutarsi da aspirante Cicciolina a discreta first lady.

Ebbene…
Ecco…
Praticamente…

Oh, be’, la verità è che non si capisce un cazzo. Ammaniti dà un mucchio di informazioni sulla personalità di Maria Cristina e sul suo passato, ma spesso una informazione contrasta l’altra, e il quadro finale è a dir poco confuso.
Ad esempio, in un primo momento sembrerebbe che Maria Cristina in passato sia stata una ragazza audace e spensierata, come le ricorda Nicola quando la incontra per la prima volta in questa storia:

Lui fa due passi indietro, rimirandola. – E ora? Guardati!
Maria Cristina solleva le braccia e compie una mezza piroetta. – Moglie del primo ministro. Avresti mai immaginato?
– No. Se penso a com’eri.
Lei solleva un sopracciglio. – Com’ero?
– Be’, bella scatenata.

E non si tratta dell’opinione superficiale di un mezzo sconosciuto, perché Maria Cristina pare dargli ragione: quando va a tagliarsi i capelli, desidera ritornare “scatenata” come prima, confermando dunque la versione di Nicola…

Ha ragione Nicola Sarti. Lei deve tornare quella che era. La scatenata. E tagliarsi i capelli è già un inizio.

Bene. Cioè, “bene” un cacchio, perché se Maria Cristina fosse consapevole di essere stata una scatenata, allora non si spiegherebbe come mai è così sconvolta dal video porno… va be’, va be’, lasciamo perdere.

Dicevo, per un pezzettino della trama noi abbiamo questa versione: Maria Cristina prima era scatenata come tanti altri giovani, poi cresce, i lutti la segnano, si fa più seria e coscienziosa, diventa un’altra persona.
Ma non è una versione che dura molto. A un certo punto incappiamo in questo brano…

Ci vuole carattere per fottersene. E Maria Cristina sa di non averne. […] Maria Cristina ricorda quando, non aveva ancora dieci anni, la mamma le aveva detto che l’avrebbe portata a una festa in maschera da suo cugino Edoardo.
A giugno? Le feste in maschera non si fanno a Carnevale?
La mamma le aveva spiegato che no, non è obbligatorio, le feste mascherate si fanno quando si ha voglia. Maria Cristina aveva tirato fuori il vestito da reginetta di cuori usato a febbraio. […] una volta entrata nell’appartamento si era accorta che lei era l’unica travestita, gli altri invitati erano normali. […]
La bambina era scoppiata a piangere ed era scappata via.
L’avevano ritrovata un’ora dopo a piazza Politeama che piangeva disperata su una panchina. […] La madre si era accesa una sigaretta. «Dimmi una cosa, sei felice quando ti dicono che sei bella?»
La bambina aveva fatto sì con la testa.
«Ricorda che questa bellezza non te la sei conquistata. È un dono che ti abbiamo fatto io e tuo padre e devi saperla portare, proprio come il vestito da reginetta. Oggi, se fossi stata spiritosa, te ne saresti fregata degli altri e avresti fatto vedere a tutti chi era la regina della festa. La bellezza, senza coraggio, è un guaio. Proprio perché sei bella non verrai presa sul serio e ti dovrai impegnare cento volte di più delle altre per dimostrare che sei intelligente, profonda, per non essere usata e trattata come una scema dagli uomini. Tuo nonno è il primo che ha portato dall’America il latte detergente in Italia e la nonna sa prendere al lazo i buoi. Tuo fratello sa tuffarsi di testa dallo Zingaro. E tu che sai fare? Sai piangere e scappare come Gina Mangano, la figlia del panettiere? Noi che abbiamo il sangue dei Sangermano, dobbiamo fottercene del giudizio della gente. Perfino tuo padre, che è uno stronzo, ha scalato l’Everest. Tu, gioia, non emergi per carattere, ma almeno impara a portare la bellezza come una regina. Capito, amore mio?»

Allora lettori, qui devo proprio aprire una piccola parentesi: più ci rifletto, più non riesco a capire che cosa volesse dire Ammaniti raccontando un simile episodio. Credo che intendesse sottolineare la “mancanza di carattere” di Maria Cristina rispetto a tutti gli altri membri della sua famiglia. Sì, ma… non sono del tutto convinta che Ammaniti si renda conto che l’episodio non mette in luce la mancanza di carattere di Maria Cristina, bensì quella di neuroni della sua progenitrice. Cioè, sul serio mettere in imbarazzo una novenne, spingerla a ricoprire il ruolo di “regina della festa”, metterla al confronto con il fratello che, ué, minchia, ascoltate tutti, “sa tuffarsi di testa dallo Zingaro”… davvero tutto questo dovrebbe aiutarla a costruirsi una personalità forte ed equilibrata? Un episodio del genere all’interno del romanzo può funzionare solamente se introdotto con il fine di darci un’idea di quanto fosse tossico l’ambiente familiare in cui è cresciuta la protagonista. Siccome però nel resto del romanzo Maria Cristina pensa con affetto sua madre, ricordandola mentre ascoltava la Tosca, “esausta e dignitosa” nonostante la chemio, e generosa di sorrisi rivolti alla figlia, dobbiamo forse concludere che per Ammaniti un tale episodio nonsense è da considerarsi realmente una specie di lezione di vita… alla faccia della Montessori.

Ma riprendiamo adesso le fila del nostro discorso. Ricordate? Eravamo rimasti a Maria Cristina che prima era scatenata e poi non lo è più. Ebbene, questo brano ci dice l’esatto contrario: Maria Cristina è sempre stata timida, vergognosa. Non è cambiata invecchiando, è sempre stata così; non c’è mai stata una fase scatenata della sua vita.
Una così, tanto remissiva e desiderosa di piacere agli altri e di compiacerli, può in effetti essersi comportata in alcune circostanze da scatenata, proprio per accontentare chi aveva intorno e per evitare uno scontro diretto.
Capite? La trama potrebbe ancora aver senso se alla fine si scoprisse che Maria Cristina si è lasciata convincere a girare un porno solo per non contrariare Nicola. La protagonista, cioè, sarebbe andata contro la sua natura pudica per assecondare il suo bisogno di convalidazione.

Con una tale rivelazione, le informazioni che abbiamo in mano diventerebbero coerenti. Pensateci: si spiegherebbe perché Nicola dà a Maria Cristina della scatenata (lui non può sapere che in realtà lei ha preso parte al porno soltanto per compiacerlo); perché Maria Cristina non si riconosce nel video e non si capacita di come può aver accettato di fare una cosa del genere (senza avere sulle spalle la pressione di compiacere gli altri a ogni costo, in effetti la nostra non avrebbe mai fatto nulla di simile).

Ma… ehi! Indovinate! Anziché questo tipo di rivelazione, Ammaniti sul finale ci rifila un flashback della vacanza in barca, in cui vediamo la giovane Maria Cristina… eh, decisamente disinvolta:

Un giorno […] Maria Cristina gli aveva detto che voleva la pizza. «Vammela a prendere, dài, ti prego».
«No. Fa troppo caldo. Non mi va», aveva risposto lui mentre sfogliava un libro di Stephen King.
«Ti prego», aveva miagolato lei.
Lui aveva chiuso il romanzo. «E tu che fai in cambio?»
«Ti lavo i vestiti».
«No, non basta».
«Come non basta? E che vuoi?»
Lui aveva sfiorato la telecamera poggiata sul comodino. «Facciamo il video?»
«Quale?» Maria Cristina sapeva benissimo che intendeva.
«Lo sai».
Lei si era toccata con un dito la tempia. «Figurati. Sei pazzo? Per una pizza…»
Erano giorni che si discuteva sull’idea di girare un horror che poi era diventato, guarda caso, un porno.
«Ti prendo pure la birra. Il gelato. Tre gusti. E panna».
«Quali? Sentiamo. Se indovini…» Lei si era messa le braccia dietro la nuca, tirandosi un po’ su.
Nicola aveva sollevato il pollice. «Cioccolato».
«Ok».
«Pistacchio…» aveva sollevato l’indice.
«Ok».
Nicola aveva esitato incerto, l’aveva guardata, si era morso le labbra. Poi si era buttato. «Caffè? No anzi, stracciatella».
«Giusto! Maria Pompina accetta».

Visto? Maria Cristina (posso farvi notare che si è pure inventata un nome d’arte per la sua carriera da pornostar?!) è tutt’altro che a disagio. Non bisogna certo essere degli esperti di prossemica e di psicologia per capire che Maria Cristina, con “le braccia dietro la nuca” (casomai “le mani”, che cazzo è, una contorsionista?) sta comunicando spavalderia e piena padronanza della situazione. Senza contare che sta al gioco e si diverte a stuzzicare Nicola almeno quanto lui si diverte a stuzzicare lei.

Insomma, Maria Cristina è un personaggio malriuscito. È impossibile comprendere quale sia la sua visione del mondo, quali siano i suoi schemi mentali, quali i suoi valori, le sue priorità, le sue più profonde paure. Maria Cristina è un orribile accrocco che vede mescolati un po’ di Anna Karenina, un po’ di Bridget Jones, e parecchio di Riley Reid, i cui caratteri vengono miscelati insieme senza armonizzarsi fra loro.

Un rassicurante Terminator

Va da sé che se la psicologia della protagonista non è credibile, allora l’intero romanzo, che mirava a raccontarne “la vita intima”, perde di qualunque valore.
Ecco dunque che ci ritroviamo ad aver terminato il libro in un paio di giorni, senza però averne ricavato emozioni, turbamenti, spunti di riflessione. Anzi, veniamo anche fustigati con un finale a dir poco imbarazzante. Imbarazzante per l’autore, ovviamente.

Sì, forse avrete già letto di qualcun altro che si lamentava del finale, considerato un po’ troppo “a lieto fine”.
Francamente non ci vedo nulla di male nel lieto fine, anzi, è forse il tipo di finale più realistico: dopotutto sappiamo che la protagonista è parecchio ansiosa, perciò era piuttosto prevedibile che alla fine la sua paura di veder circolare il porno ovunque fosse infondata e ingigantita dalla paranoia.
Il problema non è il lieto fine, il problema è un altro… e adesso ho proprio bisogno di ricorrere a qualche spoiler pesante.
Dopo aver trascorso la notte insieme a Nicola, Maria Cristina teme di nuovo che lui abbia ripreso l’intero atto sessuale per ricattarla. Sveglia dunque l’amante e gli rivolge una sequela di accuse, a cui Nicola risponde così:

L’uomo, boccheggiando, le salta sopra, le poggia il culo sullo stomaco e le stringe la gola mentre lei si contorce come una vipera, sibila e sputa […].
Lui spalanca la bocca e urla: – Cleopatra!
Maria Cristina molla la presa.
Lui, tenendola ferma, la osserva con due fessure vuote, il ciuffo inzuppato di sangue e ripete: – Cleopatra. […] Sei stata ripresa da quando sei entrata in questa stanza. Tutto registrato. In 4k, – le spiega Nicola Sarti con una voce calma continuando a bloccarle il collo. […]
– Se non vuoi che il video sia diffuso in rete, stasera durante l’intervista con la Reitner devi dire Cleopatra.
La donna lo squadra persa, affannata, non capisce. – Cleopatra? Come? Perché?
– Perché è così. Da adesso la tua vita cambia. Appartiene a me. Tu d’ora in avanti fai quello che dico io. Sennò tutto il mondo vedrà la moglie del premier scopata davanti e di dietro.
Per un attimo Maria Cristina si domanda se stia scherzando. Ma no, ha uno sguardo troppo serio e risoluto. Un tono glaciale che non ha mai avuto.
Lei stesa sul letto, accecata dal sole, la mano dell’aguzzino ancora intorno al collo. – Cleopatra che vuol dire?
– Tu non hai diritto di chiedere. Devi dire Cleopatra durante l’intervista con la Reitner. Se non lo dici, se non lo sento chiaramente, alla fine della trasmissione il video finirà in rete. E attenta, se ne parli a qualcuno, del video o di Cleopatra, a tuo marito, a Luciano, a chiunque, ai servizi segreti, se provi a fregarmi in qualsiasi modo, se non vai all’intervista, se mi cerchi, mi chiami, fai qualsiasi cosa che minimamente mi infastidisce, il video finirà in rete. Basta un click –. Si abbassa mostrandole i denti. – Se provi a fotterci, lo sapremo immediatamente, ti seguiamo. E il video uscirà.
[…] Maria Cristina lo scruta cercando uno spiraglio di luce, un’increspatura sulle labbra, un segno che quello è uno dei suoi strani giochi. Non ne trova, non c’è incertezza, nessuna crepa nel volto di Nicola Sarti.

In seguito, scopriremo che tutto ciò che Nicola ha detto a Maria Cristina era un bluff escogitato sul momento per calmarla. Sì, proprio così. Nicola dice a Maria Cristina: “Non sapevo come calmarti.” Capito? La voleva calmare. Cioè Ammaniti, vieni un po’ qui, fammi capire… quando incontri una… che so, una mamma preoccupata per il figlio che ha la febbre da giorni… che fai? Le poggi una mano sulla spalla, la stringi a te, le rivolgi un sorriso… e le dici che sei sicuro che il bambino morirà prima dell’alba?

Oh, va bene, posso capire (anche se devo proprio fare uno sforzo, eh!) che Nicola, spaventato dalla furia di Maria Cristina, cerchi di “calmarla” non contrariandola, e dandole ragione su tutto. Però non è quello che leggiamo nel brano! Dico io, quello di Nicola vi sembra l’atteggiamento di uno spaventato? Ha la “voce calma”, lo sguardo “serio e risoluto”, il “tono glaciale”, e “nessuna incertezza”. Meh, a me questo sembra proprio la descrizione perfetta di un manipolatore, di uno psicopatico, di uno che è in grado di simulare emozioni e poi di liberarsene. Non mi sembra affatto la descrizione di un uomo spaventato, preso alla sprovvista dalla reazione dell’amante, e, perché no?, anche profondamente deluso dal fatto che Maria Cristina nutra così tanta diffidenza nei suoi confronti, perfino dopo una notte d’amore. Ecco, se il narratore avesse detto che Nicola aveva un angolo della bocca puntato verso il basso, o gli occhi lucidi, o le spalle leggermente curvate in avanti, avremmo colto l’amarezza di Nicola. Ma no, cazzarola, Ammaniti lo descrive come una specie di Terminator!

Ah, basta lettori, ne ho abbastanza. Capisco che molti siano contenti del ritorno di Ammaniti, ma… per quanto mi riguarda, poteva rimanere lì dov’era. La vita intima è un romanzo che non ha idee. Al suo termine, ci si sente come se non si avesse letto nulla. Il personaggio di Maria Cristina è troppo raffazzonato per librarsi dalla carta e per lasciare un segno nel nostro immaginario. E non bastano la suspense e i colpi di scena (anche quelli più disperati, come il finale) per convincere un lettore a rimanere insieme ai personaggi fino alla fine.
Arrivati a questo punto, posso dirvi con certezza che nella frase “La vita intima è il libro dell’anno” c’è una “n” di troppo. Ma ehi, se una trama sciatta non vi disturba, purché il ritmo sia incalzante… allora vi auguro di cuore una buona lettura!

Sara

Ciao! Sono la fondatrice del blog letterario "Il pesciolino d'argento", amo profondamente i libri, l'arte e la cultura in generale.

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