La grande sera – Giuseppe Pontiggia
«È questa la cosa atroce» aggiunse lei. «È sparito per farci sparire dalla sua vita.»
Quelli che restano
Il fu Mattia Pascal senza Mattia Pascal, la storia di una fuga, dove non ci si concentra sulle fantasie e aspirazioni del fuggitivo, ma sullo spaesamento di chi resta e viene abbandonato: questo, è La grande sera.
In effetti quello della fuga è un tema che ha accompagnato Giuseppe Pontiggia fin dal suo esordio: ne La morte in banca, dove il giovane protagonista Carabba non si rassegna a un lavoro che non lo appaga, e nel secondo romanzo, che significativamente si intitola L’arte della fuga.
Succede questo
L’influsso pirandelliano, con l’inconciliabilità tra verità e apparenza, perseguita Pontiggia e si svela apertamente in questo romanzo: a Milano, di punto in bianco, un affermato professionista sparisce. Non si presenta ai vari appuntamenti amorosi e lavorativi che affollano la sua agenda, e i molti personaggi a lui legati (la moglie, le due amanti, il fratello, il socio in affari, e così via), iniziano a interrogarsi sul significato della sua assenza, indagando per cercare spiegazioni.
Questa è la trama, scarna ed essenziale, che Pontiggia usa come sfondo per la sua impietosa analisi del genere umano. Ciò che interessa all’autore non è infatti raccontare una storia, ma ricreare una situazione anomala – quella della scomparsa di un caro, appunto – che porti alla rottura della farsa che le persone sono solite mandare avanti nella propria quotidianità, ottenendone lo smascheramento. Si scandaglia così l’anima straordinariamente complessa dei personaggi in gioco, svelandone il lato più oscuro. Ciò che se ne ricava è l’immagine di un’umanità mediocre, eternamente insoddisfatta e infelice, sempre alla ricerca di nuovi stimoli che possano distrarla dall’apatia.
Remote dai luoghi comuni
Per smascherare i personaggi e i loro moti d’animo, Pontiggia si avvale di un linguaggio semplice e scorrevole, che lui stesso definisce “corrente per esprimere verità remote dai luoghi comuni”, e del dialogo: è proprio grazie a quest’ultimo, infatti, che il lettore ha modo di interagire “direttamente” con i personaggi e di conoscerli, senza l’ausilio del narratore.
L’acutezza e la lucidità di Pontiggia si rivelano infine nel suo peculiare stile aforistico, adoperato quando l’autore si distacca (spesso) dalla trama, per mettere a punto una riflessione universale e senza tempo.
In conclusione, La grande sera e più generalmente il talento di Pontiggia sono ingiustamente sottovalutati e dimenticati ai nostri giorni: non cadete nell’errore comune, e datevi l’opportunità di conoscere questo grande autore della letteratura italiana.
Buona lettura!