Il valzer degli addii – Milan Kundera
Jakub amava la delicatezza e la generosità d’animo, ma si era convinto che non erano attributi umani. Jakub conosceva bene gli uomini e per questo non li amava. Jakub era nobile d’animo e per questo dava loro del veleno.
Sono dunque un assassino per nobiltà d’animo, si disse, e questa idea gli parve ridicola e triste.
Memento mori
Leggendo questo romanzo mi sono tornati in mente quegli splendidi dipinti secenteschi, che raffiguaravano la vanitas, intesa come caducità della bellezza e della giovinezza, della felicità e dello splendore, affiancando ai fiori e ai begli oggetti elementi come il teschio, le falene, le poco longeve bolle di sapone. Che la vanitas sia un tema particolarmente diffuso nel Seicento, non è di certo un caso: in questo periodo infatti il gusto del bello e del voluttuoso si scontra con la drammaticità delle epidemie di peste: il modo in cui la bellezza dell’anatomia umana viene corrotta dalla malattia e dalla morte ha lasciato un segno nella sensibilità degli artisti, nell’arte come nella letteratura; non si può più ignorare il lato più tetro dell’uomo e della natura.
Sotto cipria e cerone…
Il proposito di Kundera ne Il valzer degli addii è proprio quello di svelarci il lato peggiore, più oscuro, più vigliacco della natura umana: i suoi personaggi hanno alte aspirazioni, ammirano la nobiltà d’animo, aspirano ad affermarsi, a crescere, a diventare potenti tanto da influire sulla vita altrui; ma sono in realtà spesso dei vigliacchi, degli eterni indecisi, infelici perché non riescono a ottenere il meglio dalla vita, e volteggiano, proprio come in un valzer, da una persona all’altra, da un luogo all’altro, affannandosi per trovare un po’ di pace.
Questo ballo, questo “valzer” dei sentimenti e degli addii, ha luogo in un piccolo centro termale cecoslovacco: qui si intrecciano le storie e le vicende di tanti personaggi, ma tra tutti spiccano agli occhi del lettore Ruzena, Klima, e Jakub. Ruzena è una bella ragazza che lavora nel centro termale, e assiste le donne che si sottopongono a delle cure per guarire dall’infertilità. La piacevolezza del suo aspetto fisico contrasta tuttavia con l’asprezza del suo animo: ella infatti disprezza il suo lavoro che la tiene relegata in quell’angolo sperduto del mondo, e invidia le donne che giungono al centro termale dalla città, dove la vita è movimentata e mai monotona.
Ma qualcosa nella sua vita cambia, quando trascorre una notte d’amore con il famoso trombettista Klima, e rimane incinta. Quel bambino, quel piccolo germoglio di vita che è custodito nel suo grembo, rappresenta il passepartout per accedere alla vita agiata che Ruzena pretende. Klima, però, è sposato, e cerca di far abortire Ruzena con l’inganno, promettendole una vita insieme se rinuncerà al bambino. In questo tentativo di incastrarsi a vicenda, si insinua la figura di Jakub, senza dubbio la più complessa.
Idolatria della perfezione
Jakub è un uomo con un’alta stima di sé, ama essere gentile con le altre persone perché sente che la gentilezza lo rende una persona migliore, porta con sé una compressa di veleno non perché voglia suicidarsi, ma perché vuole sentirsi più potente della vita stessa. È in conclusione un uomo che vive nel culto della perfezione e di sé stesso, e proprio quando sta per abbandonare il suo Paese natale in cerca di un luogo più degno di lui, la vita gli serberà un’epifania sulla sua vera natura, niente affatto diversa dalle altre che ha sempre disprezzato.
È un libro che vi consiglio se i personaggi stereotipati e dai ruoli poco realistici e troppo definiti e scontati non vi soddisfano, se volete vedere l’umanità autentica in scena.
Buona lettura.