Il pane carasau – Antonella Serrenti e Susanna Trossero

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IL GIUDIZIO:

pane carasau

Il piccolo seme, steso sull’aia, a essiccare rimane ma già promette l’odore, il dolce sapore di pane. È odore di pace, di fame sfamata, di storie e di pazienza, è odore di casa, di pane spezzato, diviso e condiviso con speranza.

Pane (è) amore e fantasia

Pane: eucarestia, profumo di cucine familiari, corpo di Cristo che non può essere buttato, né lasciato cadere.
Buono come le persone gentili, sacro come Dio.
Questo è il pane: un alimento antico quanto la civiltà, così perfetto da credere che sia un dono degli dèi.

Nella cultura mediterranea, dove il pane è intriso di sacralità e simbolismo, ne esistono innumerevoli varianti: basso e croccante, alto e più soffice, con le olive, con le patate.
Ma tra questi ce n’è uno in particolare che chiede di raccontare una storia, ed è il pane carasau.

La storia del pane carasau è la storia di un popolo generoso, i cui membri imparano fin da bambini ad aiutarsi, e la cui cultura, di tipo matriarcale, si differenzia dalle tante altre europee.

Scrivi “poco”, leggi “tanto”

Raccogliendo i ricordi di uomini e donne che sono stati bambini in un tempo tanto diverso dal nostro da risultare mitico, le autrici riescono a dare al lettore un assaggio di quell’Arcadia fatta di sapori genuini, quando il pane si cucinava di notte per sfuggire all’arsura isolana, e la colazione si faceva con le olive cresciute sotto il sole generoso, spremute sulla superficie ruvida e calda di un pane appena sfornato.

Pochissimi ingredienti, il cui sapore era talmente perfetto da non esigere altro. E ancora, si segue il viaggio di questo pane, trasportato nella bisaccia di un pastore sardo che sta lontano mesi dalla sua famiglia per compiere il suo onesto e duro lavoro, con solo il carasau e la solidarietà degli altri pastori erranti a ricordargli il calore di casa.

Ricette, nozioni, ricordi

Il pane carasau non è un banale ricettario: la sua prima intenzione è quella di far respirare al lettore gli stessi profumi che gli isolani, per anni, conservano nei polmoni e nella memoria, di fargli immaginare la complicità che si creava fra donne di fronte a un forno rovente in piena notte, di fargli amare un pezzo di Sardegna sconosciuta agli stranieri e ai turisti, che ne apprezzano solitamente solo le spiagge.

Noi lettori sappiamo bene che non si viaggia solo con treni e aerei, ma innanzitutto con la testa, e questo piccolo saggio è un biglietto per esplorare una Sardegna genuina e autentica, che affascina e dalla quale si può imparare molto. Ve lo consiglio caldamente.

Buona lettura… e buon viaggio!

Sara

Ciao! Sono la fondatrice del blog letterario "Il pesciolino d'argento", amo profondamente i libri, l'arte e la cultura in generale.

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