Il Maestro e Margherita – Michail Bulgakov
I manoscritti non bruciano.
Libro eterno
Così scriveva Veniamin Kaverin nella prefazione a una raccolta di commedie di Bulgakov:
È ormai davvero tempo di pubblicare Il maestro e Margherita, nonostante tutta la sua complessità, perché per originalità sarà difficile trovare un’opera che gli stia a pari in tutta la letteratura mondiale.
Cosa dire, se non che descrisse perfettamente l’essenza di questo romanzo? Ne Il maestro e Margherita sono racchiusi la satira feroce nei confronti del costume moscovita degli anni 30, il misticismo e il tema dell’arte, per realizzare ciò che Bulgakov definisce un “libro eterno”, e vi è senz’altro riuscito: la sua critica alla burocrazia culturale è oggi più attuale che mai.
Tutto nella norma
Il romanzo inizia con un incontro davvero singolare, tra Berlioz, un alto funzionario letterario, il poetastro Ivàn Bezdomnyj, e Woland, niente di meno che Satana in persona. L’incontro è dinamicissimo, e rivela l’esperienza acquisita da Bulgakov in teatro: i personaggi si muovono appunto in maniera teatrale, l’autore non rinuncia a descrivere gesti, movenze, sguardi ed espressioni, in modo tale che ci si senta più spettatori che lettori. Poco nulla viene lasciato all’immaginazione, si ha davvero l’impressione di essere proprio lì, agli Stagni, di fronte alla panchina dove siede questo trio eccezionale.
Lo stile meraviglioso di Bulgakov non si arricchisce però solo dell’esperienza nel teatro dell’autore, ma anche del suo lavoro come medico: Bulgakov infatti si laurea in medicina, e come dottore lavora prima di dedicarsi definitivamente alla letteratura. Ciò, oltre a produrre Gli appunti di un giovane medico, ha fatto sì che lo stato d’animo dei personaggi di Bulgakov si riveli attraverso dei dettagli anatomici: numerosi sono infatti i riferimenti ai movimenti degli occhi, ai tic, alle pieghe della bocca, al colore della pelle, e via dicendo. Quindi, l’esperienza teatrale e la conoscenza dell’anatomia umana fanno in modo che la storia si materializzi davanti a noi, che i personaggi siano poco immaginari e molto realistici, e una volta cominciata la lettura si avrà l’impressione di trovarsi in un’altra realtà tanto concreta quanto la nostra. Ma torniamo al bizzarro incontro.
A Stalin piacerà?
Agli Stagni, in questo sereno parco, avviene l’incontro tra un burocrate, un poeta da due soldi che tuttavia lavora a un giornale perché scrive ciò che è facile vendere, e Satana: è evidente come Bulgakov si distacchi dalla corrente letteraria realista che furoreggiava ai suoi tempi. Parliamo appunto di misticismo, che però non ha nulla a che fare con una prospettiva religiosa tradizionalmente cristiana: si pensi al Cristo, anzi a Yesua Ha-Nozri, privato dei suo caratteri divini e che viene invece descritto come un normale e credibile cittadino palestinese, e a Woland che è sì un burlone e semina non pochi guai a Mosca durante la sua permanenza, ma agisce per la giustizia. Satana infatti punisce gli ipocriti, i viziosi, gli insaziabili, interviene per umiliare chi ha umiliato, e per dare pace a chi è stato umiliato. Più in particolare, interviene a favore del Maestro, scrittore che crede nel valore della sua opera e che quando viene umiliato dalla burocrazia “culturale” impazzisce, lascia la donna amata, brucia il manoscritto e si rifugia in clinica.
Proprio qui conosce il poetastro Ivàn, che dopo aver parlato con Satana ha avuto un esaurimento nervoso, e diventano amici. Anzi, ad essere più precisi, Ivàn diventa il discepolo del maestro. In realtà il personaggio del poetastro ha un ruolo specifico nel romanzo, una sua precisa ragion d’essere: egli prima è parte della burocrazia, poi, durante il soggiorno nella clinica, realizza che i suoi versi non hanno alcun valore, e decide di smettere di scrivere. Riconosce l’assenza dell’arte nell’ambiente in cui lavora, e lo abbandona. Conosciuto il Maestro, si appassiona al suo manoscritto e decide di riprendere la penna, ma questa volta ha intenzione di scrivere qualcosa di diverso. Ivàn è infatti metafora del lettore, assuefatto alle banalità che case editrici e le varie aziende della cultura gli propinano, e che però cambia percorso e si dedica alla vera Arte una volta che viene a contatto con uno scrittore talentuoso.
L’arte e il resto scompare
Era questa la speranza di Bulgakov, forse non tanto quella di avere successo, quanto di far emergere l’Arte, di non lasciare che questa muoia arsa dal fuoco della mediocrità e dell’interesse delle vendite. “I manoscritti non bruciano”, dice Woland: passano e muoiono i burocrati, i dittatori e i loro sostenitori, ma l’Arte e i libri rimangono sempre vivi sotto la cenere, aspettando che qualcuno li ripulisca dalla polvere e riprenda a leggerli.
Buona lettura.
Un libro che ho letto, riletto, regalato e amato immensamente.