Borgo Sud – Donatella Di Pietrantonio

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IL GIUDIZIO:

borgo sud romanzo di donatella di pietrantonio edito da einaudi

Li stavo perdendo tutti: Piero, mia madre, Adriana. C’era qualcosa in me che chiamava gli abbandoni.

Il seguito de L’arminuta

L’arminuta è il romanzo di Donatella Di Pietrantonio che nel 2017 entusiasmò i lettori di tutta Italia, conquistando il Premio Campiello.
“Arminuta” in dialetto abruzzese significa “ritornata”, ed è la parola utilizzata per riferirsi alla protagonista, di cui non è mai svelato il vero nome. L’arminuta proviene da una famiglia povera ed è affidata ancora piccola a una famiglia benestante. La bimba cresce con la certezza di trovarsi nel suo vero nucleo familiare sino ai tredici anni, quando apprende la verità: e da quel momento si trova a fare i conti con una famiglia con cui non ha molto in comune.

Borgo Sud è il seguito de L’arminuta. La bambina ritornata e sua sorella più piccola, Adriana, sono ormai donne: si innamorano, soffrono, cercano disperatamente di trovare la loro strada nel mondo.
Col tempo, le loro differenze si sono accentuate fino ad allontanarle, come spiega la voce narrante della protagonista, cioè l’arminuta stessa:

Non la vedevo da più di un anno, mia sorella.
Da ragazzine eravamo inseparabili, poi avevamo imparato a perderci. Lei era capace di lasciarmi senza notizie di sé per mesi, ma mai così a lungo. Sembrava ubbidire a un istinto nomade, quando un posto non le conveniva più, lo abbandonava.

Non è tutt’oro quel che luccica

Il divario tra le due sembra poi davvero incolmabile quando Adriana, proveniente dall’umile quartiere pescarese Borgo Sud, si presenta magra, scarmigliata e con un bambino in braccio alla porta del lussuoso appartamento in cui vive sua sorella.
Infatti, mentre l’arminuta si è laureata e ha sposato un affascinante odontoiatria, Adriana è invischiata in una storia fatta di debiti, gelosia ossessiva e violenza.

Ma la perfezione in cui vive la protagonista è solo apparente: inizia a notare strane assenze del marito Piero, il quale si rivela infine non soltanto infedele, ma anche omosessuale.
Capiamo a questo punto che le due sorelle, nonostante le differenze, condividono lo stesso destino: la fame inappagata d’amore. Prima come figlie di genitori anaffettivi, poi come donne sole e abbandonate:

Con Adriana almeno eravamo pari, abbandonate a noi stesse, sole nel mondo, sorelle. Litigavamo per la radio accesa mentre studiavo, la finestra che lei voleva aperta e io chiusa, i suoi orari di rientro. Per ognuna di noi restava la certezza dell’altra al fondo del dolore che non ci siamo mai confessate.

Sodalizio mancato

Per tutto questo, ci si aspetta che le comuni fragilità avvicinino le due donne, dando origine a un nuovo sodalizio in cui l’aiuto non sia a senso unico, dall’arminuta alla sorella, bensì reciproco. Invece la trama si presenta molto confusa, come se l’autrice avesse perso la livella durante la sua costruzione.
Gli eventi che compongono il libro paiono circoscritti e fini a se stessi, privi di reali conseguenze. L’arrivo di Adriana, ad esempio, inizialmente promette una cascata di imprevedibili eventi:

Non immaginavo la rivoluzione che stava per cominciare, se l’avessi prevista li avrei lasciati fuori [Adriana e suo figlio][…] Se non fosse arrivata, chissà, tutto il resto non sarebbe accaduto.

Ma la vicenda ha poi in realtà un bassissimo impatto sulla trama. Quando la sera la protagonista attende invano il ritorno del marito infedele, Adriana simpatizza ben poco con la sorella, dandole tutt’al più un paio di consigli:

Cincischiavo con la forchetta senza cominciare, preoccupata per Piero.
– Mangia, che non gli è successo niente, – ha detto Adriana con la bocca piena. […] Ma stavolta, quando riviene, glielo domandi che sta a combina’. Mo non ti stai più zitta.

E quando l’arminuta viene a sapere della verità sul suo matrimonio, deve affrontarla da sola, perché Adriana è già lontana, in un altro luogo.
La convivenza tra le due non dà spazio a nessun tipo di cambiamento, tant’è che le due sorelle, da poco ritrovate, si perdono nuovamente di lì a poco.

Sentimenti aridi…

Come già anticipato, l’irruzione di Adriana non è l’unico evento privo di strascichi nella trama. La protagonista affronta importanti eventi traumatici, ma l’autrice dice ben poco sulle sue emozioni, rendendo la narrazione fredda e distaccata. Prendiamo come esempio la sua crisi coniugale: Piero l’ha tradita con uomini, dimostrando che l’intero loro matrimonio era basato su menzogne profonde, riguardanti la natura stessa dei coniugi. È un trauma le cui conseguenze psicologiche (rabbia, svalutazione di sé, depressione) sarebbero sufficienti per riempire decine di pagine di un romanzo. La Di Pietrantonio invece è molto sbrigativa a riguardo:

Sono passati molti anni da allora. Mi coglieva a volte il dubbio di averlo disamorato io, di averlo spinto in una direzione opposta al mio corpo. Bastava poco per sentire mie le colpe.

In Borgo Sud l’arminuta si trova poi ad affrontare la perdita di sua madre, uno dei lutti più dolorosi della vita di una persona.
È chiaro che la protagonista, per via del suo passato, non può affrontare questo lutto in un modo banale. Colei che muore è sì la madre naturale, ma è anche una madre estranea, come è d’altra parte spesso sottolineato nel romanzo:

Siamo state figlie di nessuna madre. Siamo ancora, come sempre, due scappate di casa.

È facile immaginare che la morte della madre significhi per l’arminuta l’emersione di sentimenti contrastanti: dispiacere, certo, ma anche indifferenza e senso di colpa per quell’indifferenza…
Di nuovo, però, viene tutto liquidato con poche e lapidarie frasi:

Ma era mia madre. Era lei mia madre. Mi aveva data da crescere a un’altra donna, eppure ero rimasta sua figlia. Lo sarò per sempre. […] Restava in gran parte sconosciuta, non sono mai penetrata nel mistero del suo affetto nascosto. Chiuderò i conti con lei nella mia ultima ora.

… stile ricercato

Tanta superficialità nel trattare gli stati emotivi e psicologici dei personaggi stride con la ricercatezza stilistica dell’autrice.
La narrazione è infatti raffinata ed evocativa, dalle pagine di Borgo Sud emerge una Pescara reale, concreta, viva. Affascinanti sono le descrizioni di questo Abruzzo antico e un po’ ruvido, e vivide sono certe epifanie dal sapore profetico:

Alla sogliola ha intaccato la pelle in un punto esatto è l’ha spogliata con uno strappo rabbioso. Uno schizzo l’ha raggiunta alla guancia mentre tagliava una seppia, le è colato come una lacrima nera.

Il gioco di analessi e prolessi, con il quale l’autrice concede scorci del passato e del futuro senza mai svelarli del tutto, è certamente intrigante e tiene incollato il lettore fino all’ultima pagina.

Ma a quale scopo? L’autrice ci fa arrivare fino alla fine con il fiato sospeso, in attesa di un gran finale che però non arriva mai. Tutti gli eventi importanti sono a malapena accarezzati da parole algide e distaccate, che non coinvolgono davvero il lettore, e nonostante a raccontarli sia la protagonista stessa, in prima persona. Leggiamo di tradimenti, di morte e di distacchi come se si trattasse di un mero resoconto. Un resoconto elegante e ben architettato, certo, però niente più di un interessante esercizio letterario. Bello, ma senz’anima.
Ma se per voi in un romanzo lo stile raffinato è tutto, Borgo Sud è ciò che cercate. E io vi auguro buona lettura!

Sara

Ciao! Sono la fondatrice del blog letterario "Il pesciolino d'argento", amo profondamente i libri, l'arte e la cultura in generale.

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