Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo – Alessandro Barbero
«[…] Il futuro della Germania è nelle mani di questi uomini, e le loro ambizioni non conoscono limiti. […] I miei compagni di studio sono già occupati a compilare liste di proscrizione in previsione del giorno in cui conquisteranno il potere: il discendente, sia pure in settimo grado, di un francese, di un ebreo o di uno slavo sarà condannato all’esilio.»
«Ma queste son cose che si dicono» risposi spazientito dalla sua ingenuità; «figuratevi un po’ quale governo potrebbe mai considerare sul serio dei provvedimenti come questi!»
Quando c’era lui
È abitudine comune rifugiarsi nel passato, quando si è delusi dal presente: così, dopo essere stata molto delusa dai libri candidati al Premio Strega di quest’anno (trovate in questo blog la recensione di Fedeltà e Lux), ho iniziato la lettura di un romanzo non più presente nelle classifiche, vincitore tuttavia del Premio Strega 1996.
Parlo di Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo, primo romanzo dello storico Alessandro Barbero, il quale nell’opera dà conferma della propria personalità poliedrica.
Barbero mette al servizio della narrativa le sue ampie conoscenze di storia (militare in particolar modo), componendo questo libro, che si presenta come il diario di viaggio tenuto da Mr Pyle.
Quelli eravamo noi
Mr Pyle è un giovane americano, scapestrato e dandy, che viene spedito dagli Stati Uniti nel Vecchio Continente come ambasciatore, per poter spiare da vicino le relazioni franco-prussiane alla vigilia della battaglia di Auerstädt.
Attraverso gli occhi di questo ironico galantuomo americano, ci verrà descritta un’Europa che non abbiamo mai conosciuto: lo sfarzo della Sassonia e delle corti principesche, con il loro galateo e gli atteggiamenti ossequiosi, ma anche l’estrema povertà delle province, la disperazione delle donne pronte a vendersi per qualche soldo, le malattie e la fame perennemente presenti.
Ho trovato particolarmente toccanti le pagine in cui viene ritratta la Polonia, regione poverissima i cui abitanti sono messi in ginocchio dai loro dominatori e dalla loro stessa spocchiosa aristocrazia, e quelle dove vengono invece descritti i disagi e i patemi subiti dai soldati prussiani in guerra: con solo duro pane nero da mangiare, e divise leggere e logore per ripararsi dal freddo, c’è da chiedersi dove raccogliessero la forza per lanciarsi in battaglia.
Re, poeti, prostitute
Viaggiando da Amsterdam a Varsavia, il nostro Mr Pyle sarà spesso costretto a dormire su giacigli di paglia improvvisati, in stanze umide, con la paura della febbre e della gonorrea ad accompagnarlo ogni giorno. Durante la lettura, è impossibile non avere un moto di stupore, leggendo come i nostri avi considerassero acquavite, liquori, sanguisughe e mercurio, rimedi per tutti i mali.
Ma il diario di viaggio di Robert Pyle non è un semplice reportage di antiche usanze e ambientazioni paludose; con la nota ironica e divertita che contraddistingue il personaggio e la narrazione di Barbero, si mettono in evidenza tutti i limiti di quel secolo, figlio dell’Illuminismo: facendo parlare il suo personaggio indistintamente con contadini e re, mercanti e ufficiali, prostitute, poeti e filosofi (perfino Goethe e Fichte!), l’autore dà voce a un ampio campionario di umanità, dalla quale emerge con chiarezza il fantasma del nazionalismo, che proprio in questo secolo, rafforzato dalle idee romantiche, si irrobustisce e aleggia minaccioso.
Una dura prova superata
Posso solamente lodare l’attenzione per i dettagli di queste descrizioni storiche, ma un altro elemento che rende questo romanzo assolutamente pregevole è la cura del linguaggio dei personaggi. Il romanzo storico è probabilmente il genere narrativo più difficile da realizzare, e credo che la prima discriminante che può farci intendere se il romanzo storico che abbiamo fra le mani è di qualità, sia proprio il modo in cui l’autore tenta di far aderire il più possibile il linguaggio dei personaggi a quello del loro originale contesto storico. Così fa Eco nel suo Il nome della rosa, così fa Barbero in questo libro: i personaggi sono così vividi, e il linguaggio è così ben modellato, da far dimenticare completamente al lettore di non star leggendo un reale diario di viaggio di un galantuomo.
In conclusione, non trovo un solo motivo per non leggere questo romanzo, e per non includerlo nel bagaglio di esperienze letterarie che ognuno dovrebbe possedere.
Vi auguro dunque una buona lettura!